L’Italia è uno dei Paesi europei più esposti al rischio frane; secondo i dati del Rapporto sul dissesto idrogeologico di ISPRA, il territorio interessato è aumentato del 15% negli ultimi tre anni. Inversione di tendenza, invece, sul fronte dell’erosione costiera. Conoscere il territorio per prevenire i rischi, l’obiettivo del quadro fornito dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
La vulnerabilità strutturale del territorio italiano a fenomeni come alluvioni e frane è cosa nota. E le tragiche conseguenze di eventi meteorologici particolarmente intensi degli ultimi anni ne raccontano fin troppo bene i rischi e i costi: dalle esondazioni dei fiumi nelle Marche del settembre 2022, alle colate di fango nell’isola di Ischia nel novembre 2022 con 12 morti, alle alluvioni in Emilia-Romagna nel maggio 2023, con danni stimati in 8,6 miliardi di euro, senza dimenticare le esondazioni in Valle d’Aosta e Piemonte del giugno 2024. Eventi di considerevole gravità, a cui vanno aggiunti tanti altri.
Cresce il dissesto idrogeologico in Italia, complici i cambiamenti climatici. Nel 2024, è a rischio frana, alluvione, erosione costiera o valanghe, il 94,5% dei comuni italiani, come documenta il Rapporto ISPRA sul dissesto idrogeologico in Italia, alla sua quarta edizione. Un lavoro triennale che mappa frane, alluvioni, valanghe ed erosione costiera e fornisce gli indicatori di rischio per l’intero territorio nazionale.
L’importanza di informazione e prevenzione
Dal 2022, le alluvioni per cui è stato dichiarato lo stato di emergenza sono state 55 e oltre 636.000 le frane censite nel nostro Paese. Da qui la vitale importanza della prevenzione e della conoscenza e diffusione delle informazioni, che sono tra gli obiettivi del Rapporto, presentato come “strumento a supporto delle politiche di mitigazione del rischio, per l’individuazione delle priorità di intervento, la ripartizione dei fondi, e la programmazione degli interventi di difesa del suolo”.
“La strategia per la mitigazione del rischio idrogeologico – scrive Stefano Laporta, presidente di ISPRA e del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) nella presentazione del Rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia – deve mettere in campo una serie di azioni sinergiche tra cui, oltre alla conoscenza del territorio, una corretta pianificazione territoriale, gli interventi strutturali, le reti di monitoraggio e i sistemi di allertamento, la gestione dei corsi d’acqua, la manutenzione del territorio e le pratiche sostenibili in campo agricolo e forestale, la comunicazione e diffusione delle informazioni”. “Quest’ultimo aspetto – prosegue Laporta – costituisce un obiettivo strategico di trasparenza della pubblica amministrazione e di coinvolgimento delle comunità, contribuendo a far aumentare la consapevolezza dei cittadini e delle imprese sui rischi che interessano il proprio territorio, con una riduzione dei danni e dei costi”.
Quasi 6 milioni di italiani vivono in aree a rischio frane
E se nell’ultimo triennio (2022-2024) migliora la situazione delle spiagge italiane rispetto all’erosione costiera, con i tratti in avanzamento che risultano superiori di 30 chilometri di quelli in erosione, non si può dire altrettanto per il territorio interessato dal rischio frane, la cui superficie aumenta del 15% passando dai 55.400 chilometri quadrati del 2021 ai 69.500 del 2024, pari al 23% del territorio nazionale. Con le aree classificate a maggiore pericolosità (elevata P3 e molto elevata P4) che dall’8,7% passano al 9,5% del territorio nazionale.
L’Italia è su questo fronte uno dei Paesi più esposti in Europa. Secondo la nota di Ispra, i dati aggiornati dell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (IFFI), cioè le 636.000 frane censite sul territorio nazionale, sono “un dato importante, se si considera che circa il 28% di questi fenomeni è caratterizzato da una dinamica estremamente rapida e da un elevato potenziale distruttivo, con conseguenze spesso drammatiche, inclusa la perdita di vite umane”. Quasi 6 milioni di italiani vivono in aree a rischio frane nel 2024, di cui 1,28 milioni residenti in aree a maggiore pericolosità, pari al 2,2% della popolazione totale.
Per quanto riguarda le valanghe, la superficie potenzialmente soggetta a fenomeni del genere (9.283 chilometri quadrati) rappresenta il 13,8% del territorio montano sopra gli 800 metri di quota. Le nuove mappe di pericolosità e rischio alluvioni saranno invece pronte nel 2026 (come previsto dalle attività del terzo ciclo di gestione (2022-2027) della Direttiva Alluvioni).
Pressioni antropiche e cambiamenti climatici aggravano la vulnerabilità del territorio
Ad aggravare la vulnerabilità del nostro territorio ai fenomeni naturali – per le sue caratteristiche morfologiche, geologiche, idrologiche, meteo-climatiche e sismiche – stanno contribuendo da un lato le pressioni antropiche, con un incremento delle superfici artificiali dal 2,7% negli anni 50 al 7,16% del 2023, dall’altro i cambiamenti climatici, che “stanno determinando un incremento della frequenza delle piogge intense e concentrate, con conseguente aumento delle frane superficiali, delle colate rapide di fango e detriti, delle alluvioni, incluse le flash flood (piene rapide e improvvise), amplificando il rischio con impatti anche su territori storicamente meno esposti”, sottolinea la nota di Ispra.
Il triennio 2022-2024 è stato caratterizzato da elevate anomalie termiche: con il 2024 l’anno più caldo in Italia, seguito dal 2022, e da diversi eventi idro-meteorologici di eccezionale intensità, in particolare nel 2023, anno in cui le piogge totali osservate a maggio sono state a livello nazionale più del doppio di quelle che mediamente caratterizzano lo stesso mese e in alcune aree anche superiori di oltre 6 volte alle medie del periodo.
Mappe open data e intelligenza artificiale, nuovi strumenti di prevenzione
Nel Rapporto sono inoltre presentati due strumenti a supporto delle politiche di prevenzione e intervento: IdroGEO, la piattaforma pubblica e open data per la consultazione delle mappe e dei dati aggiornati sul dissesto e ReNDiS, il Repertorio nazionale degli interventi finanziati per la difesa del suolo.
La prima è una applicazione web open source, open data, multilingua e accessibile da smartphone, per la gestione, la consultazione, la condivisione e il download di dati e mappe dell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (IFFI), delle Mosaicature nazionali di pericolosità per frane e alluvioni, degli indicatori di rischio e dell’Anagrafe nazionale dei sistemi di monitoraggio in situ delle frane; la seconda acquisisce, gestisce e rende disponibili alla consultazione le informazioni relative agli interventi finanziati per la mitigazione del rischio idrogeologico in Italia. In base ai dati del Repertorio ReNDiS, aggiornati al dicembre 2024, sono quasi 26.000 gli interventi censiti negli ultimi 25 anni, per un finanziamento totale di 19,2 miliardi di euro.