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ICT: la sua impronta ecologica è insostenibile  

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Il settore dell’ICT è tra i grandi emettitori globali di CO2. Si stima che le sue emissioni potrebbero crescere del 775% entro il 2040, mentre i rifiuti elettronici raggiungeranno le 74 milioni di tonnellate entro il 2030. Un’impronta ecologica insostenibile che rende necessaria l’adozione di strategie di sostenibilità.

Se l’industria digitale fosse una nazione, sarebbe il 5° maggiore emettitore di anidride carbonica a livello globale, contribuendo per quasi il 4% del totale delle emissioni, in crescita ogni anno del 9%. Una quantità superiore alle emissioni del Giappone e addirittura 4 volte superiore a quella della Francia. Un’impronta ecologica spaventosa. Ancora peggio, le previsioni sull’impatto di questo settore sono destinate a crescere in maniera esponenziale. Secondo uno studio pubblicato a settembre 2023 sulla rivista Nature dal titolo “Breaking through ingrained beliefs: revisiting the impact of the digital economy on carbon emissions” curato da tre ricercatori dell’Università cinese di Wuhan, si prevede un aumento delle emissioni di CO2 imputabili all’industria digitale del 775% entro il 2040, passando dall’1,6% del totale delle emissioni del 2017 al 14%.

Le cause di questa prossima impennata vanno individuate nella massiva digitalizzazione di ogni aspetto della vita umana e dall’impiego di nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale (AI) e la blockchain, che richiedono quantità enormi d’energia per l’elaborazione di calcoli complessi e risorse computazionali. Un impatto aggiuntivo che va a sommarsi alle emissioni di CO2 imputabili all’utilizzo dei dispositivi digitali, che sono passate dal 2% nel 2008 a quasi il 4% nel 2020, almeno sulla base dei dati riportati nel report “Lean Ict – Towards Digital Sobriety” curato dal think tank Shift Project’s. Secondo la Green Software Foundation il consumo energetico associato a queste tecnologie potrebbe portare le emissioni dell’ICT (Information and Communications Technology) al 33% delle emissioni totali di gas serra entro il 2050.

Decarbonizzazione e riduzione dei rifiuti elettronici le priorità dell’ICT

All’impatto in termini di emissioni, si deve aggiungere quello della gestione e smaltimento del fine vita dei prodotti tecnologici, tema spinoso considerato che ad oggi si riesce a raccogliere solo una minima parte dell’equivalente immesso al consumo, che in Italia oscilla intorno al 35%. Solo considerando l’anno 2019, sono stati prodotti in tutto il mondo la bellezza di 54 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, con un aumento del 21% in cinque anni. E secondo il Global e-waste monitor, i rifiuti elettronici globali raggiungeranno i 74 milioni di tonnellate entro il 2030, quasi il doppio rispetto al 2014, alimentati da tassi di consumo più elevati e cicli di vita più brevi.

Dinanzi a questo quadro funesto, l’accelerazione verso la decarbonizzazione di questo settore è cruciale per raggiungere i target ambientali fissati dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e dalle tormentate Conferenze delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP), l’ultima delle quali si è svolta a Dubai (COP 28). Secondo le linee guida stabilite dalla Science Based Targets Initiative, per raggiungere l’obiettivo net zero entro il 2050, il settore ICT deve invertire completamente rotta, riducendo le proprie emissioni di gas serra del 45% a livello globale entro il 2030. La tecnologia digitale deve svolgere un ruolo sicuramente più attivo nel guidare cambiamenti operativi per raggiungere gli obiettivi ESG, avendone tutte le potenzialità: secondo il report Smarter2030 realizzato da Accenture Strategy per la Global e-Sustainability Initiative, il settore ICT ha infatti il potenziale di ridurre le emissioni globali di carbonio del 20%, mantenendo le emissioni ai livelli del 2015.

Quali le possibili strategie di sostenibilità per il settore ICT?

“Adottare strategie di sostenibilità e implementare tecnologie che rispettino l’equilibrio tra progresso tecnologico e responsabilità ambientale diventa un imperativo – osserva Davide Bianchi, Senior Technical Lead di Mia-Platform, tech company italiana specializzata nella creazione e accelerazione di piattaforme e applicazioni digitali – Costruire un futuro digitale sostenibile è un investimento nel bene comune e per le generazioni che verranno, e può rappresentare anche un vantaggio competitivo per le aziende attente a preservare il nostro Pianeta”.

Per gli esperti del settore IT di Mia-Platform sono diverse le strategie sostenibili che potrebbero essere messe in campo. Un approccio open source potrebbe favorire lo sviluppo di software più performanti e ottimizzati: un esempio è kube-green, strumento digitale in grado di ridurre del 30% le emissioni di CO2 delle infrastrutture IT, che continuano a consumare elettricità nelle ore non lavorative, offrendo la possibilità di personalizzare il momento in cui spegnere e riattivare i propri servizi/server e ottimizzare i costi.

Lo sviluppo di software green progettati per massimizzare l’efficienza energetica, riducendo al minimo le emissioni di anidride carbonica, è fondamentale. Con questo approccio l’associazione Green Software Foundation incoraggia l’industria del software ad adottare principi di Green Software. Infine, la scelta di privilegiare fornitori e aziende che condividono e mettono in pratica soluzioni green permetterebbe di generare dei vantaggi comparati per chi effettivamente contribuisce a ridurre l’impatto ambientale nel settore.

Serve insomma un approccio di sistema e il contributo di tutti per uscire dall’insostenibile impronta ecologica dell’ICT e posizionarlo dalla parte delle risposte, non dei problemi. 

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