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Il clima minaccia la salute dell’uomo

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Quasi 4 miliardi di persone vivono in aree soggette ai cambiamenti climatici, che agiscono da fattore amplificatore dei rischi. Secondo l’OMS, tra 2030 e 2050 il climate change causerà almeno 250 mila morti in più all’anno, a causa di denutrizione, malaria, diarrea e stress da caldo.

Il cambiamento climatico sempre di più rappresenta una minaccia per la salute dell’uomo. È il tema messo in luce da più di un articolo uscito sulla rivista Frontiers in Science, che evidenzia come il climate change abbia portato ad un aumento significativo di gravi malattie associate alla disregolazione del sistema immunitario; tra queste: asma, allergie, tumori e malattie autoimmuni. E, sebbene siano stati compiuti progressi nello sviluppo di opzioni terapeutiche per il trattamento di questi disturbi, gli approcci attuali sono inadeguati per affrontare le sfide poste da questa problematica. 

Le temperature sono sempre più alte

Per comprendere la situazione del clima, oggi, dobbiamo considerare cosa è accaduto negli ultimi anni, nei quali abbiamo assistito ad eventi che evidenziavano come stesse cambiando. Nel 2016, la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA, l’Agenzia statunitense per l’atmosfera e gli oceani), il Goddard Institute for Space Studies della NASA, il Meteorological Office britannico (l’Ufficio meteorologico britannico) e l’Amministrazione Meteorologica Giapponese hanno documentato che il 2015 è stato l’anno più caldo da quando esistono rilevamenti meteorologici affidabili, cioè dal 1850. È stato così battuto il record precedente, stabilito proprio nell’anno prima, il 2014.

Siamo andati avanti così ogni anno, con mesi sempre più caldi: Copernicus, il servizio meteo dell’Unione Europea, ha indicato i mesi che vanno da giugno 2023 a marzo 2024 come i più caldi mai registrato a livello mondiale. Inoltre, Copernicus ha valutato che l’aumento della temperatura a febbraio 2024 è stato di + 1,77°C e a marzo 2024 di +1,68°C rispetto alla stima mensile tra il 1850 e il 1900, periodo di riferimento dell’era pre-industriale.

Gli obiettivi delle Conferenze sul clima sono falliti

Uno dei primi allarmi sulle pericolosità di quanto sta accadendo è certamente quello arrivato, nel 2005, dal Simposio Internazionale sulla Stabilizzazione dei Gas Serra, che esaminava il legame tra il riscaldamento globale e le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera: protossido di azoto (N2O), metano (CH4) e, in particolare, anidride carbonica (CO2). IL Simposio indicava due punti critici:

  • l’aumento di 2°C della temperatura rispetto alla stima mensile tra il 1850 e il 1900, periodo di riferimento dell’era pre-industriale;
  • la concentrazione di CO2 al di sopra di 400 parti per milione (ppm).

Ed è proprio dai lavori del Simposio che la comunità scientifica è ripartita, per arrivare a stabilire i limiti dell’Accordo di Parigi del 2015, in cui si è deciso di operare per il contenimento del riscaldamento globale a non più di 2°C e, se possibile, a non più di 1,5°C, per avere una probabilità del 50% di evitare pericolosi cambiamenti climatici. Nella COP 26 di Glasgow nel 2021, il punto fondamentale raggiunto è stato l’impegno per azzerare le emissioni nette, a livello globale, entro il 2050 e per limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C. Gli stessi numeri che sono indicati nel report della COP 28 di Dubai del 2023.

Oggi sappiamo che ambedue questi obiettivi sono falliti. La concentrazione di CO2 atmosferica ha superato 400 ppm già nel 2015; nel febbraio 2024 il Mauna Loa Observatory alle Haway ha rilevato una concentrazione di 424 ppm di CO2 in atmosfera. I dati del NOAA e di Copernicus ci dicono, inoltre, che è stato superato anche il limite indicato dalle varie conferenze sul clima di 1,5°C.

Il cambiamento climatico amplifica i rischi

Secondo l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS), il cambiamento climatico colpisce tutti gli aspetti dei sistemi naturali e antropici, agendo negativamente sulle condizioni sociali ed economiche delle popolazioni e sul funzionamento dei sistemi sanitari. Si tratta di una sorta di amplificatore delle minacce, che compromette e rischia di rendere vani decenni di progressi nel campo della salute dell’uomo. Man mano che le condizioni climatiche cambiano, si osservano eventi meteorologici e climatici più frequenti e intensificati; tali eventi influiscono sulla salute sia direttamente che indirettamente, aumentando il rischio di decessi, malattie non trasmissibili, insorgenza e diffusione di malattie infettive ed emergenze sanitarie.

Il sesto rapporto di valutazione (AR6) del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) ha concluso che i rischi climatici si stanno manifestando più rapidamente e diventeranno più gravi prima di quanto previsto in precedenza, e sarà sempre più difficile adattarsi all’aumento del riscaldamento globale. L’OMS calcola che 3,6 miliardi di persone vivano in aree altamente suscettibili al cambiamento climatici, e che tra il 2030 e il 2050 esso causerà almeno 250 mila morti in più all’anno, solo a causa di denutrizione, malaria, diarrea e stress da caldo. Nonostante contribuiscano in minima parte alle emissioni globali, i Paesi a basso reddito e i piccoli Stati in via di sviluppo (SIDS) sopportano gli impatti sanitari più gravi. Nelle regioni vulnerabili, il tasso di mortalità dovuto a eventi meteorologici estremi nell’ultimo decennio è stato 15 volte superiore rispetto a quello delle regioni meno vulnerabili.

Surriscaldamento globale: cosa fare per contrastarlo

Il cambiamento climatico sta raggiungendo livelli pericolosi, anche per la salute dell’uomo. Per adattarsi e mitigarne gli effetti occorre sviluppare studi multisettoriali, multidisciplinari e transfrontalieri, su scala locale e globale. Le azioni chiave sono certamente quelle del miglioramento della qualità dell’aria attraverso la riduzione dell’uso di combustibili fossili e delle emissioni di gas serra; ma occorre anche costruire alloggi sicuri rispetto agli agenti atmosferici, migliorare le pratiche agricole, combattere il dissesto idrogeologico, aumentare la biodiversità e le aree verdi. In campo sanitario, occorre sviluppare ricerche tese a comprendere la fisiopatologia delle malattie immunitarie nel contesto delle conseguenze del cambiamento climatico.

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