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Il consumo di suolo agricolo in Italia continua a ritmi insostenibili

consumo di suolo agricolo
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L’Ispra ha presentato il nuovo Rapporto sul consumo di suolo nel nostro paese, i cui indici fotografano un trend in preoccupate ascesa, soprattutto a scapito delle aree agricole e naturali. Altra tegola a sfavore della lotta ai cambiamenti climatici e alla gestione sostenibile e resiliente del nostro territorio.

Ogni giorno è come se mandassimo in fumo circa 230 mila metri quadrati di suolo vergine, alla velocità di 2,7 metri quadrati al secondo. Una corsa contro il baratro. È uno degli allarmi dell’edizione 2025 del Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” redatto dall’ISPRA insieme al Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente (SNPA).

Rapporto che certifica, anche questa volta, come il consumo di suolo nel nostro Paese continui a rappresentare una delle principali minacce alla biodiversità, alla sostenibilità ambientale, alla sicurezza alimentare e alla resilienza climatica.

I nuovi dati sul consumo di suolo in Italia

Dall’analisi tecnica di Ispra emerge nei minimi dettagli l’inarrestabile ascesa del consumo di suolo anche nel 2024, laddove la trasformazione del territorio agricolo e naturale in aree artificiali si mantiene ben al di sopra dei due metri quadrati al secondo, avendo riguardato oltre 83 chilometri quadrati in un solo anno, il 15% in più del 2023, con un ritmo, si diceva, pari a quasi 230.000 m² al giorno.  Un incremento che riguarda, duole dirlo, il 98% dei Comuni italiani.

La crescita delle superfici artificiali, dunque, è solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali, pari a poco più di 5 km2, dovuti al passaggio da suolo consumato a suolo non consumato. Così, il consumo netto arriva a 78,5 km², il valore più alto degli ultimi dodici anni, con una crescita del suolo consumato a livello nazionale dello 0,37%.

Attualmente, le infrastrutture, gli edifici e le altre coperture artificiali occupano più di 21.500 km2, il 7,17% del territorio italiano. In Europa la media è del 4,4%. In sostanza, precisa il Rapporto, la densità con la quale avvengono i cambiamenti continua ad attestarsi su livelli preoccupanti, nonostante diminuisca il territorio a disposizione e cresca la competizione per i suoli naturali per effetto della richiesta del comparto agricolo e del settore energetico.

A parere di Ispra, insomma, si tratta di “un ritmo non sostenibile, che dipende anche dall’assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dell’attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale”.

Il consumo di suolo agricolo e boschivo

Spiega il Rapporto che “il monitoraggio di quest’anno conferma la criticità del consumo di suolo nelle zone periurbane e urbane, in cui si rileva un continuo e significativo incremento delle superfici artificiali, con un aumento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali, unitamente alla criticità delle aree nell’intorno del sistema infrastrutturale, più frammentate e oggetto di interventi di artificializzazione a causa della loro maggiore accessibilità e anche per la crescente pressione dovuta alla richiesta di spazi sempre più ampi per la logistica”.

I dati confermano, insomma, l’avanzare di fenomeni quali la “diffusione, la dispersione, la decentralizzazione urbana da un lato e, dall’altro, la forte spinta alla densificazione di aree urbane, che causa la perdita di superfici naturali all’interno delle nostre città, superfici preziose per assicurare l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto”. Tali processi riguardano soprattutto “le aree costiere e le aree di pianura, mentre al contempo, soprattutto in aree marginali, si assiste all’abbandono delle terre e alla frammentazione delle aree naturali”.

Il suolo boschivo

In particolare, le superfici forestali hanno nettamente superato, per estensione, le aree agricole a seminativi, superando i 12 milioni di ettari, con un aumento nell’ultimo trentennio di circa 760.000 ettari. A questo incremento concorrono principalmente tre dinamiche: “il passaggio delle altre terre boscate in bosco, in linea con la naturale evoluzione dei soprassuoli, ma anche la rinaturalizzazione dei seminativi e dei pascoli e praterie, principalmente a causa dell’abbandono dei terreni e della riduzione di alcune attività, tra cui la pastorizia”.

Inoltre, l’impianto di pannelli fotovoltaici a terra avrebbe consumato 1.702 ettari in un solo anno (corrispondenti a una potenza di circa 1.700 MW), in forte aumento rispetto ai 420 ettari mappati nel 2023, ai 263 ettari del 2022 e ai 75 del 2021, l’80% dei quali su terreni precedentemente agricoli, soprattutto in Puglia (con 5.245 ettari, circa il 28% di tutti gli impianti nazionali), seguita da Lazio (2.046 ha) ed Emilia-Romagna (1.864 ha).

La progressiva riduzione delle aree agricole

In maniera speculare al continuo aumento della superficie boscata, infatti, si riconferma il trend ormai ben consolidato della progressiva riduzione della superficie agricola. Nonostante l’incremento nel secondo periodo (2008-2022) dell’arboricoltura da frutto, “l’agricolo mantiene un saldo complessivo negativo, con la perdita nel corso dell’ultimo trentennio di circa 1.380.000 ettari, soprattutto a scapito dei seminativi”.

Questo fenomeno è principalmente dovuto all’espansione delle aree urbane, “che occupano soprattutto seminativi e in minor quantità i frutteti in pianura, alla maggiore diffusione di agricoltura intensiva, ma anche all’abbandono delle superfici agricole con conseguente ricolonizzazione da parte del bosco, principalmente in collina e montagna”. Lo stesso trend si è evidenziato anche per quanto riguarda la classe delle praterie, “con una riduzione di circa 126.000 ettari nel trentennio, per successiva ricolonizzazione da parte del bosco a causa della cessazione di pratiche agricole e zootecniche”.

In definitiva, il processo di consumo di suolo segue generalmente “l’espansione delle aree urbanizzate con caratteri distintivi nelle varie aree d’Italia ma arriva ad interessare in pianura e nei fondovalli collinari ed alpini aree caratterizzate da suoli ad elevata potenzialità agricola”.

La cementificazione forzata di suoli fertili

A livello di macro-aree, le regioni con maggiore copertura artificiale rimangono Lombardia (12,22%), Veneto (11,86%) e Campania (10,61%), mentre le maggiori perdite di suolo nel 2024 si registrano in Emilia-Romagna (1.013 ettari di nuove aree artificiali), Lombardia (834 ettari), Puglia (818 ettari), Sicilia (799 ettari) e Lazio (785 ettari). La Valle d’Aosta si conferma la regione con il consumo inferiore, ma aggiunge comunque più di 10 ettari alla sua superficie consumata. Tra le altre, solo la Liguria (28 ettari) e il Molise (49 ettari) hanno contenuto il loro consumo al di sotto di 50 ettari.

La provincia di Monza e Brianza si conferma al primo posto per percentuale di suolo artificiale, con quasi il 41% del territorio provinciale consumato e con un aumento di 47 ettari negli ultimi dodici mesi. Le province che hanno mostrato il maggiore consumo di suolo annuale sono Viterbo (424 ettari), Sassari (245 ettari) e Lecce (239 ettari).

Le conseguenze economiche

I danni, ovviamente, sono anche economici, non solo ambientali e sociali. Come già sottolineato dalla stessa Ispra nell’edizione precedente (2024), il consumo di suolo in Italia causa danni economici per oltre 400 milioni di euro l’anno. Danni causati, tra gli altri, dall’erosione del terreno che provoca danni praticamente irreparabili all’attività agricola, peggiorando la qualità dell’acqua e soprattutto indebolendo la capacità del suolo di prevenire frane e mitigare l’impatto delle alluvioni.

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