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Incendi in Italia: nel 2021 è bruciato il triplo degli ettari del 2020

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L’anno scorso in Italia gli incendi hanno distrutto un’area grande come il lago di Garda, colpendo soprattutto il Mezzogiorno. Con danni alla biodiversità, aumento di inquinamento, di erosione del suolo e rischio idrogeologico.

Fare un bilancio degli incendi di questa torrida e siccitosa estate 2022, già funestata da tanti episodi, è prematuro. Ispra ci ha invece fornito i dati relativi agli incendi dell’anno passato. E non sono dati che fanno stare tranquilli: l’anno scorso, infatti, è andato in fumo il triplo della superficie rispetto al 2020.

Foreste bruciate: il 50% del territorio colpito da incendi negli ultimi 20 anni è costituito da foreste

Dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021 risulta bruciata complessivamente una superfice pari allo 0,5% del territorio italiano, una porzione grosso modo pari a quella del Lago di Garda. La categoria di alberi più colpita (il 56% della copertura arborea bruciata) è quella delle latifoglie sempreverdi, che costituiscono la maggior parte della macchia mediterranea, seguono le latifoglie decidue come le querce (il 25%) e gli aghifoglie sempreverdi come i pini mediterranei (il 19%). Ma non sono solo i boschi ad essere vittima di incendi, anzi: secondo Ispra negli ultimi vent’anni, in Italia, solo il 40-50% del territorio colpito da incendio è costituito da foreste.

Nel 2021 gli incendi hanno colpito soprattutto le aree boschive del Mezzogiorno

Gli incendi del 2021 hanno colpito prevalentemente le aree del Mezzogiorno. La Sicilia è la regione che ha registrato le maggiori porzioni di aree bruciate: circa il 3,5% della superficie e il 60% dei 235 Comuni della Regione. Al secondo posto la Calabria, con il 2,4% della superficie e 240 Comuni interessati. Se focalizziamo l’attenzione su boschi e foreste, la Regione che nel 2021 ha subìto, in termini di superficie forestale bruciata, i maggiori danni per gli incendi è proprio la Calabria, con il 37% delle aree bruciate costituite da boschi. La Sicilia è seconda per impatto sulle aree boschive (circa il 12%). Terza la Sardegna. Proprio in Sardegna, a fine luglio 2021, il complesso forestale Montiferru-Planargia è stato colpito dall’incendio più esteso d’Italia: circa il 63% del territorio interessato da incendi della Regione. Sennariolo, nell’oristanese, è il Comune più colpito in Italia, con il 94% della superficie complessiva comunale bruciata.

Gli incendi provocano perdita di biodiversità, aumento del rischio idrogeologico e inquinamento

Gli effetti e i danni agli ecosistemi forestali causati dagli incendi, spiega Ispra, possono accelerare i processi di perdita di biodiversità, rilascio di anidride carbonica, aumento del rischio idrogeologico, erosione del suolo, inquinamento da polveri nell’aria e nei corpi idrici. “Gli incendi danneggiano tutto il biota, la parte vivente del suolo. E fanno danni anche alla parte inorganica carbonizzando le sostanze minerali” racconta Nino Morabito, responsabile nazionale fauna e benessere animale di Legambiente. I suoli quando sono percorsi da incendio possono raggiungere anche 700 – 800 gradi centigradi di temperatura, a seconda della quantità di massa che brucia. “Già tra i 200 e i 300 gradi, l’85% della sostanza organica del suolo si perde. Sopra i 450 gradi se ne perde il 99% – aggiunge Morabito – Questo vuol dire che per molte sottospecie endemiche di territori specifici c’è il rischio di scomparsa”.

Facilitare la naturale ripresa alla vita dei territori colpiti

Dal punto di vista ecologico, le foreste hanno una innata capacità di resilienza agli effetti degli incendi. Tuttavia, se abbastanza vasti e frequenti, gli incendi possono determinare danni di lungo periodo e una perdita permanente di superficie boschiva, spiega Ispra. La ricorrenza degli incendi negli stessi territori è un tema cruciale. “La natura – sottolinea Morabilto – ha una capacità di ripresa che avviene con tempi diversi a seconda, ad esempio, della ricorrenza o meno di incendi o di eventi meteorologici estremi che si combinano ai roghi, aumentando criticità e difficoltà della ripresa”. Se escludiamo la riccorrenza, un’area percorsa dal fuoco in cui non ci siano significative interferenze dell’uomo vede l’inizio della ripartenza nell’arco di tre – cinque anni. Ma cosa fare in questi territori? “La cosa più importante – spiega Morabito – come affermano diverse società scientifiche, è facilitare il percorso naturale di ritorno alla vita di questi ecosistemi feriti dagli incendi, con azioni che accompagnino la ripresa naturale, per avvantaggiarsi del lavoro che fa la natura, riducendo i costi dell’investimento”. Tra le azioni che riducono la criticità in queste aree, ad esempio, c’è l’utilizzo di tronchi caduti per limitare il dilavamento che erode i suoli. Mentre il pascolo deve essere assolutamente proibito, per consentire la rinascita di forme vegetali. L’Importante è evitare azioni di disturbo.

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