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Inquinamento luminoso: aumenta del 10% all’anno, lo dice la citizen science

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Secondo una ricerca realizzata grazie ai monitoraggi di oltre 51mila cittadini, l’inquinamento luminoso è aumentato tra il 7 e il 10% all’anno dal 2011, con conseguenze sulla fauna, la vegetazione e le persone. E offuscando progressivamente il numero di stelle visibili a occhio nudo.

L’intensificarsi dell’inquinamento luminoso dovuto alle luci artificiali terrestri è più veloce di quanto non si pensasse in base alle rilevazioni satellitari del fenomeno. Luci che sconvolgono la fauna notturna, influiscono negativamente sui ritmi circadiani di flora, fauna, persone, e offuscano le stelle. Uno studio internazionale pubblicato su Science e divulgato da globalscience.it, il sito dell’Agenzia Spaziale Italiana, ha stimato che nell’arco di circa 11 anni, dal 2011, la luminosità del cielo è aumentata tra il 7 e il 10% all’anno nella banda visibile, quella che possiamo apprezzare con i nostri occhi. La velocità con cui gli astri stanno diventando invisibili all’occhio umano è dunque più elevata di quanto pensato finora.

Inquinamento luminoso: perché il monitoraggio è stato realizzato con la citizen science

La ricerca si è basata su oltre 51mila osservazioni effettuate a occhio nudo tra il 2011 e il 2022 dai citizen scientists del progetto Globe at Night. Il lavoro è stato condotto dal Gfz German Research Centre for Geosciences e dalla Ruhr-Universität Bochum con la collaborazione del NoirLab della US National Science Foundation, ente che ha avviato il progetto Globe at Night nel 2006. Una scelta che potrebbe suonare bizzarra, quella di basare la valutazione del cielo interamente sull’esperienza umana anziché su una strumentazione oggettiva, ma che se effettuata su larga scala si può rivelare molto potente. C’è una variazione nel numero di stelle che le persone possono vedere: in generale, i giovani possono vedere più stelle degli anziani e gli osservatori più esperti possono vederne di più rispetto a chi osserva le stelle per la prima volta. Queste differenze rendono poco sensato e affidabile osservare le tendenze in un singolo luogo e fare una misura precisa di come il cielo stia cambiando, a meno che le testimonianze raccolte siano in numero sufficiente (decine di migliaia, in questo caso) ad annullare statisticamente la variabilità tra gli osservatori. Inoltre, i dati satellitari, in questo tipo di monitoraggio, risultano parziali: prima di tutto perché la luce che il satellite vede quando guarda in basso non proviene dalle stesse fonti di luce che le persone vedono quando guardano in alto. Per esempio, i satelliti hanno difficoltà a vedere i cartelli, perché brillano soprattutto lateralmente. “Ma è la luce emessa orizzontalmente – afferma Christopher Kyba, ricercatore all’istituto di Remote Sensing and Geoinformatics del Deutsches GeoForschungsZentrum a Potsdam, in Germania, e primo autore dello studio – come pubblicità e facciate illuminate, a rappresentare la maggior parte dello Skyglow”. Lo Skyglow è il crepuscolo artificiale persistente molto tempo dopo il tramonto, manifestazione dell’inquinamento luminoso. L’altro motivo per cui i dati satellitari sono insufficienti ai fini del monitoraggio dell’inquinamento luminoso è la diversa sensibilità alle lunghezze d’onda dello spettro luminoso. “L’unico satellite di osservazione globale attivo al momento non è in grado di rilevare la luce blu (sotto i 500 nanometri) – spiega Kyba – quindi il passaggio delle lampade arancioni ai vapori di sodio ad alta pressione e dei Led bianchi appare come un oscuramento nel set di dati satellitari. Per quanto riguarda la luminosità del cielo però, la luce blu è la più problematica, perché il cielo è in grado di diffonderla molto bene. Inoltre, la luce blu ha un effetto più forte sulla visione umana di notte, e quindi il contributo di questa discrepanza risulta ancora più significativo se si valuta la brillanza del cielo a occhio nudo”.

Inquinamento luminoso: la ricerca stima un aumento medio annuo globale del 9,6%

Per misurare l’inquinamento luminoso che interferisce sui processi fisiologici degli animali quanto sull’osservazione delle stelle e sull’astronomia, il progetto Globe at Night ha chiamato persone da tutto il mondo a osservare il proprio cielo nelle notti senza nuvole e senza luna. Più di 51mila cittadini scienziati ingaggiati hanno quindi selezionato online la carta stellare che corrispondeva meglio a ciò che stavano vedendo, scegliendo tra 8 possibili scenari di cieli, con diversi livelli di inquinamento luminoso. Essendo poco meno di 20mila le diverse località da cui sono state effettuate le osservazioni a occhio nudo, per poter confrontare tutti i dati i ricercatori hanno dovuto utilizzare un modello globale di luminosità del cielo, basato su osservazioni satellitari del 2014. I ricercatori hanno stimato una media globale di incremento dell’inquinamento luminoso pari a 9,6% all’anno, calcolata dalla media delle 20mila località del mondo ingaggiate a osservare il cielo: con un tasso di incremento del 6,5% all’anno in Europa e punte di oltre il 10% in Nord America. “Se lo sviluppo dovesse continuare a questo ritmo, un bambino nato oggi in un luogo in cui sono visibili 250 stelle sarà in grado di vederne solo 100 al suo 18° compleanno” afferma Kyba. Nonostante la drammaticità dello scenario suggerito dalla ricerca, l’approccio utilizzato dal progetto Globe at Night rivela, tuttavia, anche i suoi limiti di indagine: con una partecipazione maggiore di persone provenienti dal Nord America e dall’Europa, la conseguenza inevitabile dell’esperimento è stata una sottostima dell’aumento dell’inquinamento luminoso soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove al contrario si sospettano rapidi cambiamenti nel cielo artificiale. Una lacuna che non sminuisce il valore dell’integrazione delle ricerche scientifiche tradizionali con la partecipazione attiva dei cittadini scienziati, si legge ancora su Global Science.

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Redazione

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