Una ricerca tutta italiana ha sperimentato pannelli fotovoltaici più efficienti sott’acqua che esposti all’aria. Merito dell’alta capacità di assorbimento della perovskite impiegata nelle celle. Positivi i risultati ambientali. Una bella scommessa, ma siamo all’inizio. Ancora da capire la resistenza nel tempo e i costi effettivi.
Pannelli solari subacquei. Sorprendente ma vero. Tutto merito della perovskite e di una ricerca che vede la collaborazione del CNR, dell’Università di Roma Tor Vergata e della società BeDimensional di Genova, i cui risultati sono pubblicati su Energy & Environmental Materials. La perovskite è un minerale composto da titanato di calcio, candidato da qualche anno ad accompagnare o sostituire il silicio nelle celle fotovoltaiche per via delle sue proprietà di assorbimento della radiazione solare.
Ed è proprio questo il fulcro dello studio, che ha dimostrato come le celle solari in perovskite siano particolarmente adatte a catturare la luce residua al di sotto dei 50 metri di profondità, quella luce blu-verde che è l’unica a potervi penetrare efficacemente. Le perovskiti erano tradizionalmente considerate inadatte agli ambienti umidi e questo lavoro – raccontato in un articolo dal titolo Beneath the Surface: Investigating Perovskite Solar Cells Under Water – apre nuove frontiere di esplorazione tanto per il loro impiego, quanto per le eventuali potenzialità del fotovoltaico in ambiente subacqueo.
Celle più efficienti grazie alle proprietà ottiche dell’acqua
Il vantaggio della perovskite rispetto al silicio risiede nella sua proprietà fisica di assorbimento della radiazione solare: rispetto a una cella in silicio, una cella in perovskite è in grado di reagire a una gamma molto più ampia di frequenze rispetto alla sola luce visibile, convertendo molta più energia solare in energia elettrica. Oltre che più efficienti, le celle solari a perovskite sono anche più leggere e flessibili di quelle al silicio, e possono essere trasparenti
I risultati della ricerca sono stati ottenuti attraverso un processo interno completo che comprendeva la fabbricazione, l’incapsulamento e la misurazione subacquea. I test condotti utilizzando una composizione specifica di perovskite hanno rivelato prestazioni notevoli, dichiarano i ricercatori in una nota del CNR: “quando immerse nei primi centimetri d’acqua, le celle hanno prodotto più energia rispetto a quando esposte all’aria. “Questo miglioramento è dovuto alle proprietà ottiche dell’acqua e al suo effetto di raffreddamento, che migliora l’efficienza del dispositivo”, spiega Jessica Barichello, ricercatrice del CNR-ISM che ha coordinato lo studio.
Un test di immersione in acqua salata della durata di 10 giorni su un dispositivo danneggiato ha valutato anche l’aspetto ambientale, con risultati positivi. “Dopo 10 giorni di immersione in acqua salata, le celle solari hanno rilasciato solo quantità minime di piombo, ben al di sotto dei limiti fissati per l’acqua potabile, grazie all’efficace incapsulamento, basato su un adesivo polimerico idrofobo sviluppato da BeDimensional”, prosegue Barichello.
Un lavoro pionieristico
Una scoperta che apre la strada a tecnologie energetiche subacquee innovative; un lavoro pionieristico, dicono i ricercatori stessi, perché l’ambiente marino rimane una frontiera in gran parte inesplorata riguardo alle possibilità di produzione di energia fotovoltaica. Sicuramente un esperimento nuovo per il Dipartimento di Ingegneria elettronica dell’Università di Roma Tor Vergata, secondo Fabio Matteocci, professore associato presso il dipartimento nel cui laboratorio è stato convalidato il processo di applicazione del materiale fotovoltaico perovskite in ambienti subacquei.
Rimangono, però, ancora diverse questioni in sospeso, per cui sarà necessario proseguire a studiare. Con ulteriori test e un’attenta valutazione delle variabili ambientali. I ricercatori sottolineano, per esempio, che le condizioni subacquee reali possono variare notevolmente, in particolare con l’alta pressione a profondità significative che pone ulteriori sfide. Rimane da capire se la resistenza dei pannelli sott’acqua riuscirà a essere molto prolungata; fino a quale profondità la luce del sole sarà “catturabile”; se il rilascio di piombo nel lungo periodo potrà creare problemi ambientali. Ma anche i costi reali di un impianto.





