Una ricerca dell’Università di Cagliari sulle piante che crescono nei siti minerari sardi, contaminati da metalli pesanti, fornisce preziose indicazioni sulla biodiversità e sul potenziale delle piante autoctone per gli interventi di fitorisanamento.
Nei siti minerari abbandonati della Sardegna, dove i suoli sono poveri di nutrienti e carichi di metalli, crescono piante, per lo più endemiche, che si sono adattate alle caratteristiche di quei terreni, sviluppando una forma di resilienza ai metalli e colonizzando ambienti generalmente tossici per la vegetazione. Si chiamano piante metallofite e l’Università di Cagliari ne ha recentemente stilato un elenco dettagliato, esaminando la flora dei siti minerari dismessi presenti nell’isola, che vanta una lunga storia di attività minerarie.
In uno studio, pubblicato sulla rivista Plants di aprile, ha catalogato 510 specie e 144 sottospecie della flora di questi habitat artificiali, dedicando particolare attenzione all’identificazione delle piante metallofite e al loro potenziale ruolo nel fitorisanamento. Caratteristica particolarmente rilevante poiché i terreni e i materiali di scarto abbandonati dopo le attività estrattive pongono sfide ambientali rilevanti, tra cui la contaminazione del suolo, dell’acqua e dell’aria, oltre ai rischi per la salute delle persone.
Primo inventario della flora dei siti dismessi delle miniere di metalli della Sardegna
Nello studio viene presentato il primo inventario della flora vascolare (le piante vascolari sono quelle che hanno radici, fusto e foglie) presente nei siti minerari abbandonati in Sardegna dedicati esclusivamente allo sfruttamento dei metalli. Le piante rilevate appartengono principalmente alle famiglie delle Leguminose (11%) come il trifoglio o il lotus, delle Composite (9,8%) come la margherita, la camomilla, la cicoria e la calendula, e delle Graminacee (9,2%). Famiglie, si legge nella ricerca, “riconosciute come appartenenti a taxa con elevati livelli di tolleranza ai metalli e in molti casi come accumulatori e iperaccumulatori. Sono anche le famiglie più rappresentative nelle flore mediterranee.Mentre un’altra famiglia diffusa nelle aree sarde monitorate è quella delle Orchidee. Lo studio evidenzia anche la presenza di specie endemiche e a rischio, sottolineando la necessità di sforzi di conservazione.
Un potenziale di fitodepurazione di notevole importanza
Nella ricerca, in cui viene compilato un elenco delle piante metallofite, con l’obiettivo di individuare quelle più adatte alla pianificazione di attività di fitorisanamento, il 27% delle metallofite è stato identificato come adatto alla fitostabilizzazione, mentre il 20% ha mostrato un potenziale per la fitoestrazione. Oltre alle piante già oggetto di studi, come il lentisco, l’elicriso e l’euforbia per esempio, il 52% dei metallofiti identificati in questa ricerca non è ancora stato studiato e gli autori sottolineano che “la valutazione del loro potenziale di fitodepurazione è di notevole importanza”. Una conoscenza approfondita della flora mineraria permette, infatti, di selezionare le specie vegetali più adatte, in particolare quelle autoctone ed endemiche.
Zinco, piombo e cadmio uccidono ma diverse piante si sono adattate
Le discariche a cielo aperto, i bacini di decantazione, le cave o il rilascio accidentale di rifiuti minerari, sono le principali fonti di metalli e metalloidi negli ambienti circostanti. Soprattutto i fanghi e le sabbie fini, per esempio, possono essere facilmente dispersi dal vento o erosi dall’acqua. Anche se, spiega lo studio, sono altrettanto importanti in Sardegna le aree naturalmente arricchite di metalli e metalloidi, dove le loro concentrazioni sono spesso ben al di sopra dei limiti di soglia stabiliti dalle politiche nazionali.
Oltre a lasciare evidenti cicatrici nei paesaggi, le aree minerarie dismesse rappresentano un rischio per la salute degli abitanti, e i rifiuti minerari limitano, inoltre, gli spazi disponibili per le specie vegetali e per l’insediamento della vegetazione naturale. In particolare, alcuni metalli come lo zinco, il piombo e il cadmio hanno effetti tossici sullo sviluppo delle piante. Ma le metallofite si sono adattate e gli ambienti minerari ospitano un elevato livello di diversità di piante vascolari.
Alcune crescono solo su substrati arricchiti di metalli, altre vivono sia in substrati arricchiti di metalli che in terreni non inquinati. Oltre a ospitare un alto numero di metallofite, la Sardegna è riconosciuta come un “hotspot di biodiversità del Mediterraneo”: il 15% della sua flora autoctona è endemica, cresce cioè esclusivamente sull’isola. Attenzione, ammoniscono i ricercatori: “le metallofite autoctone potrebbero svolgere un ruolo chiave nel ripristino ecologico dei siti minerari, anche se è necessaria un’attenta considerazione delle specie invasive per evitare uno sconvolgimento ecologico”.