Il tribunale della Galizia sottolinea l’interdipendenza tra protezione dell’ambiente e diritti umani e condanna le autorità per non aver esercitato il proprio dovere di tutela della salute dei cittadini del comune di A Limia dall’inquinamento prodotto da oltre 300 mega allevamenti di polli e maiali. Una questione non solo ambientale ma di salute pubblica, trasparenza istituzionale e giustizia sociale. Intanto in Europa il numero degli allevamenti intensivi continua a salire: quelli di polli e maiali sono più di 24mila.
Una sentenza scomoda è stata pronunciata in Spagna. Definita storica sulle pagine di El Pais. Per la prima volta in Europa un tribunale ha riconosciuto che l’inquinamento prodotto dagli allevamenti intensivi può violare i diritti fondamentali della popolazione. Per il Tribunale Superiore di Giustizia della Galizia, infatti, nel nord-ovest della Spagna, nella regione di A Limia, intorno al bacino idrico di As Conchas sono stati violati i diritti umani di circa 20 mila persone a causa dell’inquinamento provocato da centinaia di allevamenti intensivi avicoli e di suini.
A luglio, il tribunale galiziano ha condannato il governo regionale e la Confederación Hidrográfica Miño-Sil (l’ente nazionale che sovrintende la gestione delle acque dei fiumi Miño e Sil) per non aver controllato, per più di vent’anni, l’impatto ambientale di oltre 300 mega-allevamenti. Oggi, l’area è satura di nitrati, antibiotici e cianobatteri, con un grave degrado ambientale e condizioni di vita che i giudici hanno definito “intollerabili”. In Italia, le associazioni animaliste e ambientaliste, che da anni si battono contro gli allevamenti intensivi, hanno sottolineato come questo pronunciamento crei un precedente importante. In particolare, l’Oipa (Organizzazione internazionale protezione animali) considera la sentenza un traguardo che potrebbe portare in futuro alla stessa conclusione in altri Paesi.
Una questione non solo ambientale, anche di salute pubblica e giustizia sociale
Nell’area di As Conchas, gli abitanti da anni convivono con odori nauseabondi, gas irritanti e la costante ansia di utilizzare l’acqua dei pozzi o del rubinetto. Secondo la Corte – che fa riferimento sia alla Costituzione spagnola, sia alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, sia alle normative ambientali europee e nazionali – le amministrazioni hanno violato il diritto alla vita e all’integrità personale, in relazione all’inviolabilità del domicilio, alla proprietà e all’accesso all’acqua potabile.
La sentenza, di 113 pagine, riconosce il disagio causato dall’emissione di gas e dagli odori provenienti dal bacino idrico. I magistrati sottolineano che la “situazione di rischio per la salute derivante dal consumo e dall’uso dell’acqua, a causa dell’alta concentrazione di nitrati e cianobatteri” provoca “angoscia e ansia” per il prolungarsi nel tempo, “quasi 24 anni”. I giudici evidenziano anche la gestione inefficace dei rifiuti, che finivano in luoghi non controllati senza verificare la possibile presenza di antibiotici e sostanze chimiche derivate da farmaci veterinari, che hanno saturato il terreno, con un danno ambientale evidente.
La sentenza obbliga le autorità a porre rimedio immediato al degrado ambientale e a garantire acqua sicura; prevede inoltre un risarcimento mensile di mille euro ai cittadini coinvolti, fino a un massimo di 30mila euro per ciascuno. Il caso era stato portato in tribunale a fine marzo 2025 da sette residenti insieme all’associazione locale As Conchas, un’organizzazione di consumatori e utenti, con il sostegno delle ONG ambientaliste ClientEarth e Amigas de la Tierra España. Un verdetto approvato in tempi record.
L’inquinamento da nitrati in Italia
A commento della sentenza, l’Oipa ricordava che anche l’Italia risente delle conseguenze ambientali dell’allevamento intensivo, specialmente al Nord. Insistendo però sull’inquinamento dell’aria, in particolare nella Pianura Padana: gli allevamenti intensivi contribuirebbero a circa l’85% delle emissioni di ammoniaca in Lombardia. Sono invece Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale) e Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale)a monitorare la presenza di nitrati nelle nostre acque superficiali e sotterranee, anche in riferimento alla zootecnia intensiva.
L’ultima relazione ISPRA-Sintai (Sistema Informativo Nazionale per la Tutela delle Acque Italiane),per ilquadriennio 2020-2023, pur evidenziando un leggero miglioramento della qualità delle acque sotterranee e superficiali, confermava che molte falde acquifere nelle regioni del Nord – in particolare Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto – mostrano concentrazioni di nitrati superiori ai limiti di legge (50 mg/l), soprattutto in zone con alta densità di allevamenti suinicoli e avicoli. In alcune aree della provincia di Brescia, ad esempio, si registrano superamenti sistematici in oltre il 30% dei punti di monitoraggio.
A causa della dispersione di liquami zootecnici non sempre gestiti in modo corretto, il carico di azoto complessivo spesso supera la capacità dei suoli di assorbirlo, provocando accumuli pericolosi per la salute umana e l’ecosistema. Alcune province lombarde e venete sono state infatti individuate come “zone vulnerabili ai nitrati” (ZVN), soggette a vincoli per l’uso dei fertilizzanti organici.
La proposta di legge italiana per una zootecnia diversa
In Italia è stata presentata una proposta di legge per superare il sistema produttivo degli allevamenti intensivi, considerato insostenibile, pericoloso per la salute e per l’ambiente, oltre che causa di sofferenza animale. Denominata “Oltre gli allevamenti intensivi”, presentata nell’inverno 2024 da cinque associazioni (Greenpeace Italia, ISDE-Medici per l’Ambiente, Lipu, Terra! e WWF Italia) e sostenuta da 23 parlamentari di cinque diverse forze politiche, da decine di associazioni e comitati, il testo è però ancora fermo alla Camera, in attesa di calendarizzazione.
Propone, nell’immediato, una moratoria all’apertura di nuovi allevamenti intensivi e all’aumento del numero di animali allevati in quelli già esistenti; per incoraggiare la transizione ecologica delle grandi e medie aziende, prevede, inoltre, un piano di riconversione del comparto finanziato con un fondo dedicato, puntando a rendere protagoniste le piccole aziende agricole.
Nel chiedere alla Commissione Agricoltura di avviare l’iter della legge, un anno dopo la presentazione, i promotori sottolineavano, in una nota, che, insieme all’antibiotico-resistenza, i rischi di pandemia, come nel caso dell’influenza aviaria, strettamente legata al modello degli allevamenti intensivi, rappresentano oggi una delle principali preoccupazioni per la salute pubblica. Aggiungevano poi che “gli allevamenti intensivi sono anche la seconda causa in Italia di formazione di polveri fini (PM2,5), che ogni anno causano circa 50.000 morti premature solo nel nostro Paese. Numeri allarmanti che faticano a trovare uno spazio nelle decisioni politiche, tanto in Italia come in Europa”.
I numeri degli allevamenti intensivi in Europa
Secondo i dati della FAO relativi al 2023, a livello globale vengono macellati in media 1,5 miliardi di maiali ogni anno per la produzione di carne. La Cina è il maggiore allevatore di maiali al mondo. La Spagna occupa il quinto posto e l’Italia il diciannovesimo.
Secondo una recente inchiesta giornalistica, realizzata dal collettivo internazionale di giornalisti AGtivist, intitolata The face of european farming, ci sono in Europa oltre 24mila gli allevamenti intensivi di polli e maiali. L’inchiesta racconta l’aumento del numero di allevamenti intensivi in tutta Europa, in particolare nell’ultimo decennio, e denuncia situazioni molto preoccupanti, sia riguardo al benessere animale che all’impatto ambientale e alla diffusione di malattie. Ma anche agli equilibri economici, sottolineando come i sussidi agricoli Ue favoriscano i grandi allevamenti rispetto ai piccoli produttori, portati a scomparire.
I giornalisti hanno realizzato una vera e propria mappatura degli allevamenti intensivi in Europa, la prima, che indica un totale di 24.087 allevamenti industriali di pollame e suini attivi in tutta Europa: 11.672 unità di suinicoltura e 12.415 allevamenti avicoli. Nel complesso, la Spagna è la sede del maggior numero di allevamenti industriali (3.963), seguita da Francia (3.075), Germania (2.930), Paesi Bassi (2.667) e Italia (2.146). In particolare, il numero maggiore di allevamenti avicoli industriali si registra in Francia (con 2.342 allevamenti autorizzati), seguita da Regno Unito (1.553), Germania (1.521), Italia (1.242) e Polonia (1.207). Tra i Paesi con il maggior numero di allevamenti suini industriali figurano Spagna (3.401), Danimarca (1.532), Paesi Bassi (1.486), Germania (1.409) e Italia (904).





