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Atotus, la start up che incentiva la moda sostenibile

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Riduzione dei rifiuti tessili e sostenibilità della produzione tessile, sono gli obiettivi di Atotus, start up che raccoglie e ricicla tessuti, trasformandoli in filati rigenerati e nuovi capi di abbigliamento. Un’esperienza che coinvolge tutti gli attori della filiera della moda, puntando sul consumo responsabile.

Si chiama Atotus, che in sardo significa “a tutti”, ed è il primo circuito di economia circolare nel mondo della moda che mette al centro il consumatore finale.

“Non ci occupiamo di second hand”, avverte subito il sito della start up, “incentiviamo le produzioni sostenibili attraverso il riciclo della fibra, l’upcycling e l’utilizzo di materiali biologici”. Atotus ha due negozi fisici e una piattaforma online; il circuito tiene insieme tutti gli attori della filiera della moda: filatori, tessitori, produttori di abbigliamento, scuole di moda, designers e consumatori. È dalle scelte di questi ultimi che parte tutto, ed è questa la novità, insieme alla creazione di una moneta virtuale, il TIP (acronimo di “Together is possible”), con cui vengono retribuiti i capi usati consegnati e da utilizzare poi, come sconto, per l’acquisto di quelli nuovi, prodotti dagli attori del circuito. Sostanzialmente un sistema di punti al chilo, conteggiati in base alla tipologia di materiale consegnato.

Il consumatore, o “tipper”, alimenta il circuito con i vestiti che non usa più e lo sostiene con nuovi acquisti. La scommessa è anche nella condivisione da parte di tutti gli attori coinvolti di due obiettivi comuni: la riduzione dei rifiuti tessili e la promozione di una moda più sostenibile.

Responsabilità ambientale e territorio

L’impresa è nata nel 2021 e da allora è cresciuta bene, ideata da Silvia Atzori e da suo marito Nicola Mascia, entrambi sardi, che si sono trasferiti in Trentino dieci anni fa per proseguire gli studi magistrali in management e poi lì si sono fermati a vivere. Vitali e creativi, decisi a non annoiarsi e a mettere in gioco le proprie capacità gestionali e organizzative per creare qualcosa che si avvicini il più possibile alle loro passioni. Riciclo in primis. Ma anche responsabilità ambientale, territorio e made in Italy. Pilastri su cui poggia l’attività di Atotus.

L’intento è quello di contribuire allo sviluppo di una moda che rispetti l’ambiente e le persone che lavorano all’interno della filiera, che sia parallelamente accessibile e virtuosa dal punto di vista economico. Ma anche di allargare l’impresa il più possibile, coinvolgendo il maggior numero di artigiani, aziende, designers e “tippers”. Da qui il ruolo importante dell’online e del ritiro gratuito dell’usato da parte di corrieri, contestualmente però alla consegna di un acquisto effettuato. Una partita, insomma, che si gioca in equilibrio tra la dimensione localistica e le possibilità di crescita nazionale.

Come l’usato ritorna a nuova vita: riciclo, upcycling e riuso

I materiali attualmente trattati da Atotus sono il cotone, la lana, il cashmere, il lino e gli pneumatici di bici. E a seconda delle sue caratteristiche, l’usato consegnato prende tre vie differenti: quella del riciclo, dell’upcycling o del riuso. Si stima che in Italia venga riciclato per produrre nuovamente tessuto, ritornando in forma di filato, solo l’1% dei capi usati. Gli attori del circuito Atotus si impegnano per aumentare questa percentuale, producendo, per esempio, maglioni composti di sola lana rigenerata, in altre parole dal 100% di fibre recuperate. Il che consente, secondo la start up, un risparmio in termini di produzione del 99% di acqua, del 76% di energia e del 92% di emissioni di CO2.

L’upcycling avviene attraverso il recupero di capi e tessuti di qualità, che possono essere difettosi o passati di moda, e che grazie a scuole di moda e designers vengono adoperati per creare nuove collezioni.

Il riuso riguarda invece solo capi da bambino e premaman in buono stato, che vengono rimessi in circolo, tramite organizzazioni del terzo settore, a sostegno di persone svantaggiate.

L’unione fa la forza è il motto del progetto e TIP, oltre a essere l’acronimo di “together is possible” è anche la traduzione di mancia, intesa come “quel qualcosa in più”. “Il tipper è quindi chi fa quel piccolo passo in più, ma tipper in inglese significa anche ribaltatore”, spiega Atotus. “Un ribaltatore del sistema moda con in mano le due azioni più importanti: acquisto e gestione a fine vita”.

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