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Biocarburanti avanzati: cosa sono e quanto riducono davvero le emissioni

Biocarburanti avanzati: una stazione di servizio
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Per quale motivo i biocarburanti avanzati appaiono tanto promettenti? Siamo davvero in grado di trasformare gli scarti in combustibile? Approfondiamo il tema e vediamo quali vantaggi e benefici potrebbero essere legati all’implementazione del biocarburante nella quotidianità.

I biocarburanti avanzati stanno emergendo come una delle soluzioni più promettenti e, al tempo stesso, meno conosciute dal grande pubblico all’interno del dibattito sulla decarbonizzazione del sistema energetico. L’idea di produrre energia dai vegetali non è nuova, ma ha sollevato critiche per anni. Sia per la presunta competizione tra la produzione di carburanti e quella alimentare, sia per i rischi di deforestazione connessi. I biocarburanti di prima generazione, ottenuti direttamente da colture alimentari come mais, soia o colza, aprivano in effetti a simili dilemmi etici e ambientali.

Oggi, però, il panorama è radicalmente cambiato. La seconda generazione di biocarburanti si produce esclusivamente da fonti non in competizione con la catena alimentare. Le materie prime sono scarti agricoli come paglia e lolla; oli da cucina usati; grassi animali; alghe e persino frazioni selezionate di rifiuti organici. Questo cambio di paradigma risolve alla radice le criticità del passato. È oggi possibile trasformare il problema rifiuto in una risorsa energetica. Si crea così un vero modello di economia circolare. I biocarburanti avanzati non causano deforestazione e, soprattutto, garantiscono un risparmio di emissioni di CO₂ maggiore rispetto ai loro predecessori, in alcuni casi fino al 90%, lungo l’intero ciclo di vita.

Non tutti i biocarburanti sono uguali: la differenza tra buoni e cattivi

I biocarburanti avanzati eliminano il compromesso etico e ambientale che ha caratterizzato (e limitato) la prima generazione. Sono l’esempio lampante di come l’innovazione possa trasformare i processi industriali in modo sostenibile. Non basta ridurre le emissioni dirette, occorre anche evitare gli impatti negativi indiretti su biodiversità e sicurezza alimentare. Facciamo chiarezza sulla differenza tra le due generazioni di biocarburanti, così da comprendere appieno il potenziale di quelli avanzati, grazie a un pratico specchietto:

MATERIA PRIMAVANTAGGI E SVANTAGGIRIDUZIONE EMISSIONI DI ANIDRIDE CARBONICA
PRIMA GENERAZIONEColture alimentari quali mais, soia e palma.Alcuni svantaggi evidenti: deforestazione; competizione con produzione di cibo; volatilità dei prezzi.Sensibile, ma non decisa. Tra scarsa e moderata.
SECONDA GENERAZIONE (BIOCARBURANTI AVANZATI)Scarti e rifiuti di vario tipo: oli usati, grassi, biomasse residue…Svariati vantaggi: implementazione dell’economia circolare; nessun impatto sulla produzione alimentare; alto risparmio di emissioni.Elevata.

Per semplificare il paragone tra le due generazioni di biocarburanti, dunque, potremmo definire quelli di prima generazione cattivi, sebbene presentassero già alcuni aspetti positivi; mentre quelli di seconda saranno i buoni, all’interno della nostra metafora.

HVO e SAF: le due sigle che guideranno la transizione

I biocarburanti avanzati non devono essere considerati come una soluzione marginale, o di transizione. Sono infatti un pilastro della strategia di decarbonizzazione, in particolare per i settori definiti come hard-to-abate (difficili da abbattere), per esempio aviazione e trasporto pesante. Grazie all’innovazione italiana nel campo delle bioraffinerie, di cui stiamo per scrivere, e ai mandati europei, soluzioni di questo tipo stanno uscendo dalla nicchia. La transizione energetica nei trasporti si gioca oggi su due acronimi chiave, i quali descrivono altrettanti biocarburanti avanzati:

  • HVO (Hydrotreated Vegetable Oil):è un biodiesel di altissima qualità, prodotto tramite un processo di idrogenazione di oli vegetali di scarto (usati o residui) e grassi animali. La sua caratteristica più importante è che si tratta di un carburante drop-in. Può dunque essere utilizzato nei motori diesel attuali – automobilistici, di mezzi pesanti o navali – senza bisogno di alcuna modifica tecnica al motore o al sistema di distribuzione. Può essere usato puro, o miscelato con il diesel fossile, in qualsiasi percentuale. L’uso di HVO consente una riduzione delle emissioni di CO₂ tra il 60% e il 90% rispetto al gasolio di origine fossile. A seconda della materia prima di provenienza. È la soluzione più rapida ed efficace per decarbonizzare il trasporto stradale e marittimo pesante.
  • SAF (Sustainable Aviation Fuel): si tratta di bio-cherosene avanzato, un carburante per aerei prodotto da scarti, oli usati e biomassa non alimentare. Attualmente, è l‘unico strumento disponibile per consentire alle compagnie aeree di rispettare i sempre più stringenti obiettivi di sostenibilità. Un aereo che utilizza SAF in una miscela al 50% dimezza immediatamente le proprie emissioni nette di CO₂ relative a quel volo. L’impatto potenziale è enorme.

 La filiera in pratica: come si passa da un olio fritto a un pieno di carburante

Facendoci nuovamente aiutare da uno schema tabellare, vediamo, nel concreto, come sia possibile trasformare un olio esausto in un pieno di carburante di cui servirsi come combustibile.

FASEDIESEL FOSSILEBIOCARBURANTE PRIMA GENERAZIONEBIOCARBURANTE AVANZATO
MATERIA PRIMAPetrolio estratto da giacimenti sotterranei e marini.Olio di palma coltivato intensivamente in piantagioni monoculturali. Generalmente, a discapito di foreste pluviali.Olio di frittura esausto raccolto capillarmente da ristoranti, industrie alimentari e utenze domestiche.
IMPATTO SUL SUOLOAlto, a causa del rischio di sversamenti durante l’estrazione e il trasporto, nonché della contaminazione di suolo e falde acquifere.Elevatissimo: deforestazione per fare spazio alle piantagioni di palma e altre fonti, perdita di biodiversità, erosione del suolo, esaurimento dei nutrienti del terreno…Nullo. Si tratta del riutilizzo di un rifiuto. L’operazione riduce la necessità di nuove colture o estrazioni, oltre a contribuire alla gestione dei rifiuti urbani.
PROCESSORaffinazione. Processo energivoro, il quale separa i componenti del petrolio greggio tramite distillazione, cracking e altre reazioni chimiche.Transesterificazione, una reazione chimica che trasforma gli oli vegetali in biodiesel. È relativamente semplice, ma richiede l’uso di metanolo e catalizzatori.Idrogenazione svolta in bioraffineria. È un processo più complesso. Oli e grassi esausti vengono trasformati in biocarburanti di alta qualità, con caratteristiche simili al diesel fossile. L’operazione chiave è l’aggiunta di idrogeno.
BILANCIO DI ANIDRIDE CARBONICAAggiunge nuova CO₂ in atmosfera. Il carbonio immagazzinato nel petrolio fossile viene rilasciato sotto forma di anidride carbonica durante la combustione, aumentando la concentrazione di gas serra.Neutrale. La CO₂ assorbita dalla pianta in crescita viene rilasciata durante la combustione. Le emissioni derivanti dal cambio di uso del suolo annullano, o superano, questo beneficio.Circolare. Le emissioni di CO₂ si abbassano anche fino al 90%, rispetto al diesel fossile. Il carbonio proviene da un ciclo biologico già esistente e il riutilizzo del rifiuto evita ulteriori emissioni legate alla sua decomposizione o smaltimento.

Il processo chimico di trasformazione richiesto dalla catena produttiva dei biocarburanti avanzati è piuttosto avanzato e necessita dell’ammodernamento delle raffinerie o della costruzione di nuovi poli bio. Non appena le infrastrutture saranno attive, sarà possibile abbattere decisamente l’impatto della produzione del combustibile e ammortare le spese sostenute nel giro di una manciata di anni.

L’Italia e le bioraffinerie: un’eccellenza da primato

L’Italia subisce critiche per i suoi ritardi nella transizione ecologica, ma è in realtà un’eccellenza mondiale per quanto riguarda la produzione di biocarburanti avanzati. Il caso più rappresentativo è quello della riconversione di storici impianti petroliferi.

Prendiamo l’esempio delle bioraffinerie di Venezia Porto Marghera e Gela. Questi poli, in passato, lavoravano il petrolio. Oggi sono stati riconvertiti, in modo pionieristico, in vere e proprie fabbriche verdi. Attualmente trasformano scarti e oli esausti in biodiesel avanzato di alta qualità, ponendo il nostro Paese all’avanguardia in Europa. Questa strategia, oltre a ridurre l’impatto ambientale dovuto alla produzione di carburanti, offre una seconda vita a siti industriali dismessi, salvaguardando occupazione e competenze locali.

La vera sfida risiede nella logistica della materia prima. Allo scopo di alimentare bioraffinerie di questa scala è necessario organizzare una rete capillare, ed efficiente, per la raccolta di oli da cucina usati, scarti agricoli e grassi di recupero. Si tratta di un’operazione complessa, la quale dovrebbe coinvolgere consorzi, aziende di smaltimento e, in ultima analisi, il singolo cittadino. Disporre correttamente dell’olio da frittura diventa ora un atto fondamentale, nella decarbonizzazione dei trasporti.

Biocarburanti avanzati: un jet militare in volo
I biocarburanti avanzati rappresentano il possibile futuro di buona parte dei mezzi di trasporto, a iniziare da quelli che solcano i cieli

L’obbligo europeo sui SAF

I biocarburanti avanzati possono essere utilizzati nel trasporto stradale, ma il loro impatto maggiore è in uno dei settori con meno alternative green, quello dell’aviazione. L’Unione Europea, conscia di questa opportunità, ha agito promuovendo un’iniziativa legislativa denominata ReFuelEU Aviation.

Questa normativa stabilisce un mandato di miscelazione crescente per i SAF. A partire dal 2025, ogni aereo che decolla dagli aeroporti europei dovrà utilizzare una miscela che contenga almeno il 2% di SAF. La percentuale indicata non è stabile. Salirà infatti progressivamente, fino a raggiungere una percentuale pari al 70%, nel 2050.

La misura si basa sulla presa di coscienza che i SAF siano, nel breve-medio termine, l’unica alternativa pratica al fine di decarbonizzare il settore aereo. I motori di questi veicoli non possono essere elettrificati con le tecnologie attuali, e la vita utile delle flotte è molto lunga. Vale allora la pena di creare un mercato enorme, e pressoché garantito, per i biocarburanti avanzati. Si spingeranno in questo modo gli investimenti in ricerca e sviluppo. L’obbligo normativo rappresenta, di fatto, il motore principale della costante crescita di questo comparto industriale.

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Mattia Mezzetti

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