Chiudi
Cerca nel sito:

Cop28: l’uscita dal fossile è necessaria

Condividi l'articolo

È passato un mese abbondante dalla chiusura di Cop28 a Dubai ed è ora possibile portare avanti un’analisi a freddo, analizzando che cosa si siano detti i potenti della Terra e quali decisioni siano state prese per il futuro del pianeta. La conferenza internazionale è durata due settimane. L’inizio è stato lo scorso 30 novembre. La seduta vera e propria è partita il 5 dicembre. Le conclusioni sono state rese pubbliche il 13 dicembre. La sede scelta ha fatto molto discutere. Gli Emirati Arabi Uniti non sono infatti noti per il rispetto dei diritti umani. In aggiunta a ciò, sono uno dei Paesi con la più alta impronta di carbonio per abitante al mondo.

Ciononostante, la conferenza ha riportato un parziale successo, almeno sulla carta. Come sempre, andrà infatti visto se quanto scritto sarà poi rispettato, alla prova dei fatti. Per il momento, però, si può celebrare l’importante passo avanti fatto sul fronte dell’abbandono dei combustibili fossili.

Indice dei contenuti

Può interessarti anche: “Azzerare le emissioni globali al 2050 è ancora possibile

Il risultato senza precedenti di Cop28

Il risultato ottenuto da Cop28 è senza precedenti, nella storia della conferenza per il clima. Non era infatti mai successo prima che si dichiarasse, su documento ufficiale, la necessità di avviare la transizione dal combustibile fossile. Naturalmente, se ne era già parlato altre volte. Mai però si era compiuto il passo di schierarsi con simile vigore contro le energie non rinnovabili tanto da dichiararne, di fatto, la fine.

L’accordo finale menziona espressamente la necessità indelegabile di una transizione dai combustibili fossili. È la prima volta che si usano simili termini in una decisione della Cop. Il documento riconosce infatti la responsabilità del fossile come causa della crisi climatica e sottolinea il danno che sta arrecando al clima e all’ambiente. Il segnale dato è forte e incontrovertibile. L’uscita dai combustibili fossili è ora inevitabile e avviata.

Come ben sappiamo, però, un conto è dire le cose e un altro è farle. Questa differenza, per nulla sottile, ce la spiega bene Marta Schaaf, la direttrice del programma per la giustizia climatica, economica, sociale e per la responsabilità delle imprese di Amnesty International:

“Che sia riconosciuta la necessità della transizione dai combustibili fossili è merito delle campagne condotte per decenni dalla società civile. L’accordo finale contiene comunque scappatoie tali da consentire ai produttori di combustili fossili, e agli Stati, di andare avanti come prima. Il documento viene meno al dovere di proteggere i diritti di miliardi di persone che stanno già subendo i danni del cambiamento climatico.”

Tra il dire e il fare

Cop28, un fuoristrada nel deserto
Cop28 a Dubai. La scelta di un Paese che inquina così tanto non è andata giù a molti, suscitando il sospetto che la sede sia stata scelta più per accontentare gli emiri che per reale interesse ambientale.

Il sospetto è effettivamente legittimo. Accanto alle belle, e più che condivisibili, dichiarazioni non troviamo infatti alcuna struttura, o programmazione, che possa concretamente guidare il mondo fuori dall’epoca del rinnovabile. Il fondo per le perdite e i danni, che dovrebbe essere rimpinguato dai Paesi ricchi, al fine di donare capitale alle comunità più povere – le prime a dover affrontare faccia a faccia la crisi climatica – è stato ridimensionato. Dalla sua introduzione (a Parigi, nel 2015) a oggi, i crediti dedicati sono sempre diminuiti. Non solo. Si è anche corretto al ribasso il già modesto livello di finanziamenti annunciato per il programma negli anni futuri. Di fatto, non si vede alcuna programmazione collettiva.

“L’assenza di un adeguato impegno, da parte degli stati più sviluppati, ad aiutare finanziariamente altri stati nell’adattamento al dannoso impatto del cambiamento climatico lascerà in pericolo i popoli nativi, le comunità in prima linea e altri gruppi marginalizzati.”

Ha commentato Schaaf. Si corre il rischio che, come già avvenuto in passato, alle promesse non seguano i fatti, dopo il termine di Cop28.

Più ombre che luci su Cop28

Come era legittimo attendersi, la trasparenza non ha trovato posto a Cop28. Numerose restrizioni hanno impedito l’afflusso di pubblico durante i lavori della conferenza. Da un governo austero, come quello degli emiri, c’era da attenderselo. Chi invece non ha avuto alcun problema a partecipare ai lavori dell’assemblea è stata la lobby del fossile. Rappresentanti di imprese petrolifere amiche del governo hanno affollato le stanze delle discussioni, per l’intera durata di Cop28, accertandosi di cogliere per primi le decisioni e, ancor peggio, di intimidire con la propria presenza.

Tra gli addetti ai lavori, non sono mancati coloro i quali hanno criticato aspramente il documento finale. Secondo Ann Harrison, partecipante ai lavori come consulente per il clima di Amnesty International, le stesse frasi sull’allontanamento dal fossile non sarebbero che uno specchietto per allodole:

“È profondamente preoccupante come l’accordo finale rifletta le frottole dell’industria del fossile sul fatto che tecnologie non sperimentate, e attualmente non esistenti, come la cattura e l’immagazzinamento del carbone, possano fornire in qualche modo una risposta al riscaldamento globale. L’enfasi posta sul ruolo dei fossili transitori nella transizione energetica e il linguaggio debole usato per porre fine ai sussidi all’industria fossile danno, di fatto, a quest’ultima una via d’uscita per continuare a espandere la sua produzione.”

Può interessarti anche: “Buco dell’ozono: le conseguenze che sta avendo sul pianeta

Condividi l'articolo
Mattia Mezzetti

Ultime Notizie

Cerca nel sito