L’accordo finale della Cop30 tradisce le aspettative di molti, non fissa nessun impegno concreto, nessun follow-up alle promesse passate, nonostante il cambiamento climatico in atto. Vittoria dei Paesi produttori di petrolio e dei negazionisti. La Colombia promuove una prima conferenza internazionale sull’uscita dai combustibili fossili, fuori dai negoziati Onu.
Anche la Cop30 si è chiusa ai tempi supplementari, come da tradizione. Lo slittamento dei lavori alla mattina della domenica 23 novembre non ha stupito nessuno, e il risultato finale ha lasciato l’amaro in bocca a coloro che avevano scommesso su questa conferenza Onu sul clima per tradurre in azioni concrete decenni di promesse. Un appuntamento tanto più simbolico svolgendosi a dieci anni dall’Accordo di Parigi e a vent’anni dall’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, addirittura nel cuore dell’Amazzonia.
Ma nonostante le dichiarazioni programmatiche di Lula e l’impegno di mediazione e dialogo della presidenza brasiliana, il negoziatonon ha prodotto nessun risultato eclatante. Anzi. Dopo due settimane di lavori, il Global mutirão, l’accordo politico sottoscritto dagli Stati, tace sull’argomento principe della trattativa dell’ultimo decennio: l’uscita dai combustibili fossili, che non nomina proprio.
Combustibili fossili grandi assenti
È un passo indietro, deciso, su quel “phasing-out” necessario a contenere il riscaldamento globale entro limiti vivibili tagliando le emissioni di gas serra. La tabella di marcia sull’abbandono delle fossili non c’è, nonostante l’Onu abbia detto ufficialmente che l’obiettivo di limitare il riscaldamento a +1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, fissato dall’Accordo di Parigi, sarà superato nei prossimi anni. Si viaggia rapidamente verso un innalzamento di oltre 2°C, con rischi consistenti per le persone e gli ecosistemi. La trentunesima Cop si terrà ad Antalya, in Turchia, uno dei Paesi che si è opposto all’inserimento delle fonti fossili nel documento finale. L’unico progresso dell’accordo di Belem è quello sulla giustizia climatica: nell’accordo si prevede la creazione del Meccanismo d’azione di Belém(BAM – Belém Action Mechanism), un nuovo strumento per coordinare e promuovere la giusta transizione a livello globale.
Stiell (Onu): “contro il cambiamento climatico, siamo ancora in gioco”
“Sapevamo che questa Cop si sarebbe svolta in un clima politico burrascoso. Tuttavia, la Cop30 ha dimostrato che la cooperazione sul clima è viva e vegeta. L’umanità continua a lottare per un pianeta vivibile. Non sto dicendo che stiamo vincendo la battaglia per il clima. Ma è innegabile che siamo ancora in gioco. Stiamo reagendo”, scrive su Linkedin, in chiusura della Conferenza, il segretario esecutivo per il cambiamento climatico dell’Onu Simon Stiell, che prosegue: “Per la prima volta, 194 nazioni hanno affermato all’unisono: la transizione globale verso basse emissioni di gas serra e la resilienza climatica è irreversibile. In questa nuova era, dobbiamo avvicinare il nostro processo all’economia reale, per ottenere risultati concreti più rapidamente e diffondere i benefici a miliardi di persone in più”.
Vince il veto dei paesi produttori di petrolio
Ma a Belem il multilateralismo è fallito. Con gli Usa assenti, l’Europa non sempre compatta e il veto dei Paesi produttori di petrolio, Arabia Saudita in testa, sull’accoglimento della Roadmap per la giusta transizione per porre fine all’uso dei combustibili fossili, nonostante il documento fosse sostenuto da una dichiarazione promossa dalla Colombia e sottoscritta da oltre 80 Paesi, tra cui tutti quelli Ue, escluse Polonia e Italia. Quest’ultima sfavorevole anche al Meccanismo sulla giusta transizione. La Cop non riesce nemmeno a introdurre un progetto concreto per arrestare la deforestazione, quasi una beffa per un vertice ospitato alle porte della più grande foresta pluviale del mondo.
Piani nazionali riduzioni emissioni distanti dall’obiettivo di 1,5 °C
La transizione energetica, necessaria a frenare il riscaldamento globale, può andare avanti al di fuori dei canali ufficiali? Se la risposta è no, siamo spacciati. Chi prima, chi poi. Come sanno bene le piccole isole e i Paesi più vulnerabili, guidati alla Cop dall’Alleanza dei piccoli Stati insulari (AOSIS – Alliance of Small Island States), che per bocca della loro portavoce Anne Rasmussen, originaria di Samoa nel Pacifico, hanno chiesto all’Europa di allineare i piani nazionali per la riduzione delle emissioni (NDC – Nationally Determined Contributions) all’obiettivo dell’1,5, così da dimostrare, nei fatti, di essere con loro.
Gli impegni nazionali di riduzione delle emissioni, da rivedere ogni 5 anni, avrebbero dovuto essere presentati dagli Stati entro febbraio 2025, ma sono giunti dopo mesi di ritardo e con risultati assolutamente distanti dall’obiettivo dichiarato di 1,5 °C. Sia il Global Implementation Accelerator che il Belém Mission to 1,5 introdotti nella proposta definitiva hanno l’obiettivo di incoraggiare i Paesi a potenziare l’ambizione e l’implementazione degli NDC e dei Piani di Adattamento (NAP). Incoraggiare.
Ad aprile la prima conferenza internazionale, fuori dai negoziati Onu, sull’uscita dai combustibili fossili
L’accordo è così debole che la Colombia, insieme ai Paesi Bassi, ha deciso di promuovere la prima conferenza internazionale sull’uscita dai combustibili fossili. È prevista a Santa Marta, Colombia, il 28 e 29 aprile 2026 e avverrà al di fuori dei negoziati delle Nazioni Unite. I sostenitori sono circa 40 tra cui i principali Paesi europei (tranne l’Italia), il Regno Unito e anche paesi produttori come il Messico. “Noi sottoscritti, riuniti alla Cop30 a Belém do Pará, ribadiamo la nostra comune determinazione a lavorare collettivamente per una transizione giusta, ordinata ed equa dall’uso dei combustibili fossili, in linea con percorsi coerenti con l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi”, si legge nel testo.
Il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc) sottolinea che i combustibili fossili sono i principali responsabili delle emissioni globali di gas serra e le emissioni di CO₂ previste derivanti dalla produzione, dalla concessione di licenze e dai sussidi ai combustibili fossili sono incompatibili con l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi.





