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Il civic journalism di Cittadini Reattivi

Rosy Battaglia
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Nato come un’inchiesta sui temi dell’inquinamento, il progetto di Rosy Battaglia è diventato un’associazione di promozione sociale che porta avanti azioni di advocacy e informazione civica

“Perché non possiamo fare finta di niente davanti all’ingiustizia ambientale”. Si intitola così l’appuntamento online recentemente organizzato da Cittadini Reattivi per riflettere sul ruolo che cittadini, scienza e giornalismo possono avere per sollecitare le istituzioni al cambiamento, di fronte a situazioni critiche che inficiano salute, ambiente e legalità. Quali sono le possibilità e le modalità per ottenere giustizia? Una questione centrale, anzi fondante, per Cittadini Reattivi, come ci racconta Rosy Battaglia, giornalista indipendente e ideatrice di questo progetto di inchiesta civica indipendente, trasformatosi nel 2015 in associazione di promozione sociale.

Rosy, come nasce Cittadini Reattivi?

“Il progetto prende il nome dal titolo di un’inchiesta che progettai e scrissi nel 2013. Venne premiata dalla fondazione Ahref con un piccolo riconoscimento che mi dette la possibilità di creare un portale partecipativo, in cui raccontai la prima storia di cittadini che si battevano contro l’inquinamento, cercando di descrivere la caparbietà, la resilienza e la forza di queste persone che vivono sui siti contaminati e non si arrendono. Dopo due anni, Cittadini Reattivi è diventata un’associazione di promozione sociale che si batte per la trasparenza, il diritto di accesso alle informazioni e lo sviluppo della cittadinanza scientifica”.

Da dove partiva l’inchiesta?

“Esattamente dal testo della Commissione bicamerale d’inchiesta, guidata allora da Gaetano Pecorella, sui ritardi delle bonifiche. Analizzai quel testo e da lì sono partita. Parliamo quindi di Siti contaminati di interesse nazionale e regionale, le situazioni più gravi, normate dalla legge. Poi con altre inchieste ho allargato il quadro anche ad altre situazioni, che possono essere anche una pompa di benzina abbandonata che è rimasta sul territorio o una discarica abusiva”.

Qualche storia in particolare?

“Per l’anniversario della fondazione della nostra associazione, il 28 gennaio scorso, abbiamo fatto una diretta in cui ho avuto il piacere di ospitare alcune delle comunità più resilienti, che sono davvero un alto esempio di cittadinanza scientifica reattiva, come per esempio Casale Monferrato rappresentata dall’Associazione Familiari vittime dell’amianto, Taranto con Peacelink e Genitori tarantini, e Brescia con il coordinamento Basta veleni e il professor Marino Ruzzenenti. Ecco, queste sono alcune delle storie che ho affrontato in questi anni. Due di queste sono anche diventate documentari-inchiesta che raccolgono le vicende di queste comunità, dove vengono raccontati non soltanto gli aspetti negativi – la morte, l’inquinamento e il peso enorme sulla salute, la vita e l’ambiente – ma anche il fatto che la consapevolezza dei cittadini può accelerare i processi di risanamento. E questo mi sembra un punto importante, considerati i ritardi nelle bonifiche nel nostro Paese”.

Riesci a convogliare una grande partecipazione; come si coinvolge la popolazione sul territorio?

“Quelli appena citati sono rapporti ormai storici. Che oltre alla voce civica coinvolgono anche interlocutori per la parte medica e scientifica: l’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa e Edoardo Bai di Isde Medici per l’ambiente, per esempio. L’iniziativa che Cittadini Reattivi ha generato in questi anni è un incontro trasversale, tra tutti coloro che si battono per la tutela dell’ambiente e della salute: la cittadinanza e la scienza. Sono relazioni nate in parte sul web, grazie al portale partecipativo, in parte dal mio andare nei territori. Dai primi anni a oggi, tranne nel momento della pandemia, ho continuato a documentare le attività, le manifestazioni, gli incontri che queste persone organizzavano sui territori, oppure le conferenze nazionali sull’amianto, piuttosto che la presentazione dei rapporti sulle bonifiche, i convegni promossi dal CNR, le presentazioni del rapporto Sentieri, lo studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti a rischio dell’Associazione italiana di epidemiologia. Un grande lavoro di documentazione. A tutt’oggi però Cittadini reattivi non è una testata giornalistica, è un progetto ibrido tra advocacy e informazione civica, quello che gli americani definiscono public o civic journalism: cioè il fatto che un giornalista si faccia carico di verificare e di confrontarsi coi cittadini su questioni di interesse pubblico”.

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