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In Italia cala lo smog ma cresce l’ozono

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L’inquinamento atmosferico nel nostro Paese è in progressivo miglioramento, secondo i dati del Snpa. Ma per avere una buona qualità dell’aria c’è ancora molta strada da fare, soprattutto tenendo conto del caldo estremo e l’assenza di precipitazioni che caratterizzano, sempre più, alcuni periodi dell’anno.

L’impegno premia ma non basta: per migliorare la qualità dell’aria c’è ancora molta strada da fare, e soprattutto non va abbassata la guardia. Secondo i dati presentati dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, sul fronte delle polveri sottili, in Italia il 2023 è stato l’anno migliore da quando sono disponibili i rilevamenti (la rete di monitoraggio è stata completata nel 2007) sia in termini di superamenti della soglia giornaliera, sia nei valori medi annuali. Ma per l’ozono la situazione preoccupa. L’obiettivo a lungo termine per la protezione della salute umana da questo inquinante, presente soprattutto d’estate, lo scorso anno è stato rispettato solo nel 14% delle stazioni di rilevamento, complici il caldo estremo e l’assenza di precipitazioni che favoriscono i superamenti della soglia.

Il Rapporto Qualità dell’aria in Italia2023 di Snpa, oltre a fare il punto sull’aria che abbiamo respirato l’anno scorso, illustra l’andamento dell’inquinamento atmosferico in Italia degli ultimi 10 anni. Una tendenza in sostanziale miglioramento, ad eccezione dell’ozono, in crescita, e del PM10, per il quale in metà delle stazioni di rilevamento non è possibile individuare un trend statisticamente significativo. Sul periodo 2013-2022, invece, è evidente una progressiva, marcata riduzione per il biossido di azoto.

Quali sono gli obiettivi europei sull’inquinamento atmosferico

Il Ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha evidenziato che, nonostante la pressione dei fattori climatici e le caratteristiche territoriali, il lavoro svolto dalle agenzie per l’ambiente delinea una tendenza al miglioramento per alcuni inquinanti, frutto anche delle politiche messe in campo, e ha ribadito la necessità che questo impegno complessivo continui. Non si tratta solo di ridurre, sempre di più, le emissioni inquinanti, ma anche di rilevarne la composizione chimica.

È questa, infatti, la nuova importante scommessa messa sul piatto per la tutela della salute dei cittadini dalla Commissione europea, secondo cui entro il 2030 l’Unione europea dovrebbe ridurre di oltre il 55% gli effetti nocivi sulla salute dell’inquinamento atmosferico, rispetto al 2005. Obiettivo al centro della nuova Direttiva sulla qualità dell’aria, in via di definizione, che raggruppa in un testo unico le precedenti direttive e prevede il rispetto entro il 2030 di limiti significativamente più severi di quelli attuali, sia pure ancora leggermente più alti dei valori delle Linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Conoscere la natura degli inquinanti per contrastarne gli effetti

Gli studi dell’OMS hanno evidenziato, infatti, che gli effetti sulla salute non dipendono solo dalle concentrazioni di polveri sottili ma anche dalla loro composizione. E una migliore comprensione della tossicità delle particelle provenienti da varie fonti potrebbe facilitare politiche di abbattimento mirate e misure di controllo più efficaci per ridurre il carico di malattie dovute all’inquinamento dell’aria.

“Il Sistema nazionale di protezione ambientale, nel prossimo futuro, sarà chiamato a rafforzare le proprie capacità analitiche di laboratorio e di modellazione dei processi fisici per migliorare la conoscenza della natura degli inquinanti e per contribuire alle attività di ricerca volte a comprendere meglio la tossicità delle differenti tipologie di particolato atmosferico” ha dichiarato Secondo Barbero, direttore generale di Arpa Piemonte.

La rete di centraline sul territorio nazionale conta, attualmente, oltre 650 stazioni di monitoraggio. “Una delle dotazioni più ampie d’Europa, in grado di produrre ogni anno oltre 25 milioni di dati, indispensabili per la valutazione della qualità dell’aria, che garantiscono il rispetto dei rigorosi standard di controllo e assicurazione di qualità del dato richiesti dalla Commissione europea”, ha spiegato il presidente Ispra e Snpa Stefano Laporta.

La qualità dell’aria in Italia nel 2023

L’andamento dei valori del particolato è fortemente legato alle condizioni meteorologiche, che hanno influenzato in positivo i risultati del 2023, mentre la riduzione delle emissioni incide soprattutto nel medio e lungo periodo. Preoccupa l’aumento dei periodi di stagnazione atmosferica invernale (caratterizzati da inversione termica a bassa quota, alta pressione livellata, assenza di precipitazioni, vento molto debole o assente) in alcune delle aree del Paese, situazione che si è verificata con particolare rilevanza nei primi mesi del 2024.

Le polveri sottili decrescono nel lungo periodo

Il valore limite annuale del PM10, pari a 40 µg/m³, è stato rispettato in tutte le stazioni di misura, per la prima volta da quando si effettuano questi rilevamenti in Italia. Nei precedenti cinque anni si era comunque verificato il sostanziale rispetto del limite su tutto il territorio nazionale, ma con qualche eccezione. Il valore limite giornaliero (50 µg/m³ di PM10, da non superare più di 35 volte in un anno) è stato invece superato in 63 stazioni, pari all’11% dei casi. I superamenti (47 casi su 63) si sono verificati soprattutto nell’area nord e nord est del bacino padano, sia negli agglomerati che nelle zone pianeggianti suburbane e rurali. Mentre nell’area meridionale, diversamente da quanto accaduto negli ultimi anni, non si sono registrati superamenti.

In Pianura Padana esistono condizioni meteoclimatiche e orografiche uniche, anche rispetto al contesto europeo, che favoriscono, in particolare nei mesi invernali, l’accumulo degli inquinanti in atmosfera e la formazione di particolato secondario. Altri superamenti diffusi del valore limite giornaliero si sono verificati nel Lazio, nella zona della Valle del Sacco (in provincia di Frosinone) e, in parte, nella conca a nord del Vesuvio.

Il valore limite annuale del PM2,5 pari a 25 µg/m³, è stato rispettato in tutte le stazioni tranne una: un ulteriore miglioramento del trend dei precedenti quattro anni. Per quanto riguarda l’andamento tendenziale, i livelli di PM10 e PM2,5 sono sostanzialmente stabili rispetto a quanto osservato negli ultimi 3-4 anni, con valori in alcuni casi mediamente più alti nel 2022 a causa di un primo trimestre dell’anno particolarmente sfavorevole da un punto di vista meteo-climatico, con frequenti e intensi periodi di stagnazione atmosferica. Ma nel periodo 2013 – 2022 si è registrata invece una significativa riduzione del PM2,5 nella maggioranza dei punti di misura e un trend decrescente per il PM10 nel 45% delle stazioni di monitoraggio; negli altri casi i dati non sono statisticamente significativi.  

L’ozono è in aumento

Per quanto riguarda l’ozono, nel 2023 l’obiettivo a lungo termine per la protezione della salute umana (OLT) è stato rispettato solo in 49 stazioni su 344 (il 14%) ed è stato superato per più di 25 giorni in 148 stazioni (il 43%). Quasi del tutto assenti i superamenti della soglia di allarme (oltre 240 µg/m³ come media oraria, verificatisi in 3 sole stazioni su 344); mentre numerosi e diffusi sono stati i superamenti della soglia di informazione (180 µg/m³), in particolare nelle regioni del bacino padano e in alcune stazioni in quota. I livelli più alti, a causa dei complessi meccanismi che regolano la formazione di questo inquinante, si verificano nelle zone suburbane e rurali sottovento alle masse d’aria provenienti dalle aree maggiormente antropizzate. Nel periodo 2013 – 2022, l’ozono risulta in crescita in una quota non trascurabile di punti di misura (il 37%).

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