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Stop all’esportazione di rifiuti di plastica verso Paesi non OCSE

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Il Parlamento europeo ha approvato nuove misure di controllo per la spedizione dei rifiuti Ue, con l’obiettivo di migliorare la protezione dell’ambiente e della salute umana. E contribuendo al raggiungimento degli obiettivi europei in tema di economia circolare e inquinamento zero.

È stretta sull’export dei rifiuti fuori dall’Unione europea e i trasferimenti tra i Paesi membri. Il Parlamento europeo – dopo avere votato la propria posizione a gennaio scorso – ha approvato in via definitiva nuove misure di controllo per la spedizione dei rifiuti, con voto quasi unanime, l’Aula ha dato il via libera all’accordo raggiunto con il Consiglio a novembre scorso. Il provvedimento risponde al nuovo Piano d’azione per l’economia circolare, parte del Green Deal europeo. La legge entrerà in vigore a 20 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, dopo il passaggio formale in Consiglio.

Export dei rifiuti: cosa prevede la nuova norma europea

Le norme per l’esportazione di rifiuti dall’Unione europea verso Paesi terzi saranno più severe. In particolare:

  • le esportazioni di rifiuti di plastica verso Paesi non OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) saranno vietate entro due anni e mezzo dall’entrata in vigore del regolamento;
  • le esportazioni di rifiuti di plastica verso i Paesi OCSE saranno soggette a condizioni più rigorose;
  • la spedizione di rifiuti destinati allo smaltimento in un altro Paese europeo potrà essere autorizzata solo in via eccezionale.

Il provvedimento renderà obbligatorie nuove procedure e un rafforzamento dei controlli sulle esportazioni di rifiuti dall’Unione europea, prendendo in considerazione l’origine, la destinazione e il percorso di trasporto, nonché il tipo di rifiuti e il trattamento che subiranno a destinazione. L’obiettivo è quello di proteggere più efficacemente l’ambiente e la salute umana, contribuendo nel contempo ai target europei in tema di economia circolare e inquinamento zero. Lo scambio di informazioni e i dati sulle spedizioni di rifiuti all’interno dell’Unione dovrà essere digitalizzato, attraverso un hub elettronico centrale, per migliorare la comunicazione e la trasparenza. La nuova Direttiva istituisce inoltre un gruppo di lavoro per migliorare la cooperazione tra i Paesi membri sulla prevenzione delle spedizioni illegali.

“Questa legge offre maggiore certezza ai cittadini europei che i nostri rifiuti saranno gestiti in modo appropriato, indipendentemente da dove saranno spediti. L’Unione europea si assumerà finalmente la responsabilità dei suoi rifiuti di plastica vietandone l’esportazione verso Paesi non appartenenti all’OCSE”, ha commentato la relatrice del testo, Pernille Weiss (PPE). “I rifiuti sono una risorsa quando sono gestiti correttamente, ma non dovrebbero in nessun caso causare danni all’ambiente o alla salute umana”, ha aggiunto l’eurodeputata.

Quali sono le destinazioni dei rifiuti esportati dalla Ue

Le esportazioni di rifiuti europei verso Paesi extra Ue hanno raggiunto proporzioni altissime, toccando nel 2020 quasi 33 milioni di tonnellate (+75% dal 2004), circa il 16% del commercio mondiale di rifiuti. E ogni anno 67 milioni di tonnellate di immondizia circolano all’interno dell’Unione.

La Turchia – membro OCSE – è di gran lunga la principale destinazione delle esportazioni di rifiuti europei, con quasi 14 milioni di tonnellate nel 2020. Seguono India (quasi 3 milioni di tonnellate), Regno Unito, Svizzera, Norvegia, Indonesia e Pakistan (cresciuto notevolmente, negli ultimi anni, come destinazione dei rifiuti Ue). La maggior parte dei rifiuti esportati al di fuori dell’Unione è costituita da rottami metallici ferrosi e non ferrosi, nonché da rifiuti di carta, plastica, tessuti e vetro.

Sono destinate per lo più a Paesi OCSE le esportazioni di:

  • rottami metallici ferrosi (74%);
  • rifiuti di vetro (80%);

verso i Paesi non OCSE viaggiano invece:

  • rottami non ferrosi (71%);
  • rifiuti di carta (84%);
  • rifiuti di plastica (70%);
  • rifiuti tessili (93%).

Per alcuni flussi di rifiuti, l’Unione dipende fortemente dal trattamento all’estero, dipendenza evidenziata ulteriormente dalle restrizioni all’importazione introdotte negli ultimi anni da alcuni Paesi terzi che erano soliti ricevere notevoli quantità di rifiuti europei, in particolare dalla Cina.

L’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) ha evidenziato come i movimenti transfrontalieri di rifiuti all’interno dell’Unione possano influire sullo sviluppo di economie di scala per il riciclo, l’incremento della produzione di materie prime seconde di buona qualità e l’aumento della circolarità; secondo Eurostat, nel 2020 il 13% delle materie prime utilizzate nell’Unione proveniva da materiali di scarto riciclati.

Non va tuttavia ignorato il problema dei traffici illegali di rifiuti, che sono secondo Eurojust al primo posto tra i reati ambientali. Si parla di trasporto, trattamento, smaltimento, riciclaggio o recupero illegale di vari materiali di scarto. Sebbene sia difficile stimarne l’entità, secondo le stime di Europol i ricavi annuali derivanti dal traffico di rifiuti all’interno dell’Unione europea potrebbero variare tra i 3,7 e i 15,3 miliardi di euro.

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