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Riciclo delle plastiche, filiera a rischio per le imprese

riciclo delle plastiche
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Presentato il nuovo report di Assorimap in rappresentanza delle aziende di riciclo delle plastiche. A fronte di volumi trattati in crescita, si riducono i margini economici per le imprese, dove già si registrano le prime chiusure. Servono incentivi per il riciclo, come per le rinnovabili

Più rifiuti plastici da gestire e meno margini economici, è in sostanza questo l’alert lanciato dalle imprese del settore. Che la transizione ecologica non sia un ballo per principianti è noto da sempre, che la crisi interesse invece uno dei settori chiave, quello del riciclo delle plastiche, un inedito assai poco rassicurante. Che vuol dire che le imprese oggi lottano contro una concorrenza internazionale spietata per rimanere sul mercato.

L’allarme è arrivato dall’ultimo report preparato da Assorimap, l’associazione nazionale riciclatori e rigeneratori di materie plastiche aderente a Confimi Industria (Confederazione dell’Industria Manifatturiera Italiana e dell’Impresa Privata), lavoro scritto in collaborazione con Plastic Consult e reso pubblico in occasione Fiera Green Plast di Milano che si è svolta lo scorso 29 maggio.

Il report ha analizzato in particolare il comparto dei riciclatori meccanici che producono granuli da rifiuti post-consumo (ad eccezione del PET – polietilene tereftalato o polietilentereftalato), ovvero 77 aziende su un totale di 240 produttori di materie prime seconde (MPS) che includono anche chi recupera sfrido industriale (pre-consumo). Questo segmento è in grado di produrre in Italia plastica riciclata post-consumo su quantitativi stimabili intorno alle 833.000 tonnellate, su un totale di MPS che si attesta intorno a un milione e mezzo di tonnellate. Rispetto all’anno precedente, si è registrata comunque una crescita della produzione del +3,2%, spiega il report, sottolineando che si tratta di un dato tutt’altro che scontato, considerato il momento di crisi che sta attraversando il settore in tutta l’UE.

I polimeri più riciclati

Di queste 833 mila tonnellate stimate, il polietilene (PE) è stato il polimero più riciclato con il 42% del totale, seguito dal PET al 28%, dal polipropilene (PP) al 10% e dai misti poliolefinici con il 16% circa del totale. Il restante 5% è un mix di polimeri diversi, comunque poco appetibili sul mercato. Nonostante la crisi, il settore ha registrato nel 2024 una aumento di capacità produttive con finalità di riciclo di oltre il 17% (quantificabile in 230 mila tonnellate) nella produzione di rPET (polietilene tereftalato riciclato), così come dei misti poliolefinici (+8%), il cosiddetto plasmix, e del polipropilene (+6%), uno dei materiali più usati nella vita quotidiana, scoperto nel 1954 dall’italiano Giulio Natta, che gli valse il Nobel per la Chimica.

I mercati d’impiego

Rispetto ai mercati di impiego di questi materiali polimeri da riciclo, il settore della produzione degli imballaggi assorbe circa il 43% del totale dei materiali recuperati, percentuale ancora in crescita rispetto al 2023, con una netta prevalenza del rigido (34%) sul flessibile (9%) grazie al traino del PET, che beneficia dell’effetto della Direttiva SUP.

Il comparto dei tubi assorbe circa 12% del riciclato, mentre gli altri utilizzi in edilizia concorrono per un ulteriore 11%. Nel flessibile – escluso il packaging – finisce, invece, il 6% circa del materiale rigenerato, di questo poco meno del 5% per agricoltura e articoli casalinghi e giardinaggio; tutti gli altri innumerevoli sbocchi valgono complessivamente il 22% del totale.

Il grande serbatoio dei rifiuti urbani

La gran parte dei rifiuti plastici lavorati dalla aziende che fanno capo ad Assorimap provengono dalle raccolte differenziate dei rifiuti urbani (anche di provenienza estera), rappresentando più o meno il 72% del totale gestito. Seguono i rifiuti da imballaggio provenienti dal canale commerciale e industriale (19%) e quelli agricoli, aumentati l’anno scorso fino a giungere al 3%. Il restante 6% proviene da filiere settoriali quali edilizia e costruzioni, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), igiene e arredo urbano, articoli casalinghi e garden, automotive e trasporti.

A livello geografico, l’87% dei rifiuti riciclati proviene dall’Italia, ma c’è un 17% che giunge dall’estero, per altro in crescita del +3% rispetto all’anno precedente.

I valori economici delle plastiche riciclate

Rispetto al valore economico generato, questo anche nel 2024 si è attestato intorno ai 690 milioni di euro (in linea con l’anno precedente), con una flessione dello 0,8%, nonostante l’aumento dei volumi trattati e i prezzi delle materie prime seconde ai minimi dal 2020, ed è esattamente questo il dato che più preoccupa gli operatori economici del settore.

Secondo Paolo Arcelli della società di consulenza Plastic Consult che ha lavorato sui dati, la ragione è che, per il secondo anno consecutivo, si registra una flessione del valore medio dei riciclati prodotti: “Anche nel 2024, infatti, la contrazione dei prezzi di vendita, in alcuni casi anche a doppia cifra, è stata pressoché forzata, in considerazione del contesto di mercato scarsamente dinamico e della pressione competitiva tanto dei polimeri vergini quanto di una serie di riciclati, in particolare di importazione extraeuropea (Far East, USA, Nord Africa). Solo l’R-PET ha evidenziato un ottimo recupero, grazie alle specifiche dinamiche del segmento del beverage”.

Buone e brutte notizie

La buona notizia che emerge dal report è che si attende nei prossimi anni una crescita (di quanto significativa non è ancora dato stimare) del riciclo dei rifiuti plastici (soprattutto con tecnologia meccanica), sicuramente merito delle normative Ue e nazionali, con buoni margini incrementali in settori quali automotive e trasporti, elettrodomestici, agricoltura, articoli casalinghi e garden, tempo libero. Con enormi benefici netti ambientali. Secondo i calcoli presentati nel report, ogni tonnellata di plastica riciclata evita tra 1,1 e 3,6 tonnellate di CO₂ rispetto a incenerimento, discarica o produzione di vergine. Su scala nazionale, “questo si tradurrebbe in 7,2 milioni di tonnellate di CO₂ risparmiate annualmente, pari all’intero obiettivo del PNIEC per la gestione rifiuti al 2040”. Il riciclo delle plastiche è quindi “un settore già pronto per contribuire a decarbonizzazione e obiettivi climatici”. 

Le brutte notizie sono l’assenza di tracciabilità e controlli dei materiali riciclati, soprattutto di importazione extra UE: “Manca anche solo la possibilità di monitorarne i flussi, data l’assenza di codici doganali specifici per i riciclati”, sostiene Arcelli. Non vi sono ancora adeguati obblighi sul contenuto di riciclato – ad eccezione di imballaggi e CAM -, così come criteri specifici in termini di ecodesign.

Riciclo delle plastiche: le conclusioni

Come ha spiegato il presidente di Assorimap, Walter Regis “Il mercato è sempre più complicato e la filiera italiana è troppo fragile. Da anni sopravvive, ma tra il 2024 e il 2025 sono arrivate le prime chiusure: una decina in Nord Europa e due anche in Italia”. Colpa principalmente della pressione competitiva di paesi low-cost, soprattutto da Asia e Nord Africa, con minori costi di manodopera e di standard ambientali più contenuti, che rischia di vanificare gli sforzi messi in campo dall’industria del riciclo, italiana ed europea, come dimostrano alcuni fallimenti di aziende del riciclo, anche di dimensioni importanti.

“È urgente intervenire con strumenti concreti – ha quindi chiosato Regis -, in particolare chiediamo un sistema europeo di certificazione, codici doganali specifici per distinguere riciclato e vergine, e soprattutto il riconoscimento economico del valore ambientale del riciclo, attraverso meccanismi simili all’Emission Trading: il riciclo merita incentivi come per l’energia rinnovabile”.

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