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Cosa sono i metalli pesanti

metalli pesanti
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Cromo, arsenico, mercurio e piombo fanno parte della famiglia dei metalli pesanti. Costituenti naturali della crosta terrestre, dove sono presenti in piccolissime quantità. Quando si diffondono nell’ambiente bisogna stare attenti: a lungo termine per l’uomo sono altamente tossici, perché tendono ad accumularsi.

Quando sentiamo parlare di metalli pesanti, generalmente, viene detto che dovremmo starne alla larga. Proviamo a capire cosa sono, dove si trovano e soprattutto perché sono pericolosi.

Cosa sono i metalli pesanti e perché a volte si diffondono nell’ambiente

Convenzionalmente, spiega l’Arpa, per metalli pesanti si intendono quelli che hanno una densità maggiore di 4,5 grammi per centimetro cubo, come arsenico, cadmio, cromo, mercurio, nichel, piombo, tallio, vanadio. Spesso l’aggettivo pesante è associato al concetto di tossicità, anche se la densità non ha un legame diretto con gli effetti sul corpo umano. Si tratta, del resto, di costituenti naturali della crosta terrestre, presenti nel terreno, nell’acqua e nell’atmosfera in piccole quantità. Possono diffondersi nell’ambiente in seguito a fenomeni naturali, come le eruzioni vulcaniche, o attività umane come, ad esempio, l’industria siderurgica e metallurgica o l’industria galvanica per la produzione di batterie. “Il cromo è molto usato per la concia delle pelli. Emettono metalli pesanti in atmosfera tutti i processi di combustione di gas e petrolio, quindi anche il traffico veicolare, e l’incenerimento dei rifiuti” aggiunge Barbara Casentini, ricercatrice dell’Istituto di ricerca sulle acque (CNR-IRSA). Altra origine della loro diffusione sono i fertilizzanti. “L’uso di fertilizzanti, a seconda della provenienza delle rocce utilizzate per produrli, può apportare metalli pesanti nel suolo. E poi pesticidi, erbicidi, trattamenti del legno hanno spesso tracce di piombo, arsenico o cromo” racconta ancora la ricercatrice. L’immissione di queste sostanze è però regolamentata. “La normativa al riguardo è altamente protettiva” conclude Casentini.

Il bioaccumulo moltiplica i rischi per la salute umana

Come ricorda l’Istituto superiore di sanità, gli esseri umani possono venire esposti ai metalli pesanti “tramite l’ambiente (ad esempio per via inalatoria) o attraverso l’ingestione di cibo, inclusa l’acqua. Proprio la via di esposizione alimentare è di gran lunga la più significativa per la popolazione generale”. Impossibile, dunque, non venire a contatto con queste sostanze, ma le leggi e le indicazioni di istituzioni come l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro o l’Autorità europea per la sicurezza alimentare puntano a contenere le concentrazioni a livelli sotto i quali la scienza non ha rilevato effetti negativi per l’uomo. I metalli pesanti sono infatti “dotati di elevata tossicità a lungo termine. Il loro accumulo nell’organismo umano può causare, nel tempo, effetti dannosi importanti poiché interferiscono con il normale metabolismo cellulare, arrivando a ostacolare il corretto svolgimento di funzioni vitali” spiega l’Istituto superiore di sanità. Effetti diversi, con differenti gradi di gravità, che possono andare dai problemi ai reni e alle ossa, a disordini neurocomportamentali e dello sviluppo, all’elevata pressione sanguigna. Alcuni metalli pesanti sono stati classificati dalla Agenzia internazionale di ricerca sul cancro come cancerogeni per l’uomo. La caratteristica che li rende particolarmente pericolosi è la spiccata tendenza ad accumularsi nei tessuti animali e vegetali (bioaccumulo), per questo il contatto per via alimentare rimane uno dei più significativi.

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