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Giornata mondiale vittime dell’amianto: “a 30 anni dal bando si muore ancora”

bonifica amianto
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Dei 31mila casi di mesotelioma registrati dal 1993 al 2018, l’80% è dovuto ad esposizione all’amianto. Ma solo il 25% è stato rimosso. A questi ritmi ce ne saremo liberati tra 75 anni.

“A 30 anni dalla legge 257/1992 che l’ha messo al bando, in Italia si continua a morire di amianto” denuncia Legambiente in occasione della Giornata mondiale delle vittime del lavoro e dell’amianto. Purtroppo, aggiunge amara l’associazione, l’amianto risulta essere il grande escluso dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La Legge n.257 del 27 marzo 1992, “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto” pubblicata sul Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile 1992, ha vietato “l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione di amianto, di prodotti di amianto o di prodotti contenenti amianto”. A trent’anni da quella legge, purtroppo, si contano ancora le vittime e, per citare ancora Legambiente, “questa fibra killer tiene di fatto ancora sotto scacco il Paese, provocando gravi effetti sulla salute dei cittadini”.

Le vittime

Un’inchiesta del mensile La Nuova ecologia raccoglie i dati aggiornati del Registro nazionale dei mesoteliomi (Renam): degli oltre 31 mila casi di mesotelioma pleurico registrati dal 1993 al 2018, l’80% è dovuto proprio all’esposizione a fibre d’amianto. Ma nonostante queste cifre agghiaccianti, ad oggi appena il 25% della fibra killer è stato rimosso. Legambiente calcola che andando avanti con questi ritmi, per liberarsene serviranno altri 75 anni, cui sommare ulteriori 40 anni di latenza del mesotelioma. Da Nord a Sud, infatti, le bonifiche vanno a rilento sia per quanto riguarda i grandi siti industriali dell’amianto, che per gli edifici pubblici e privati che espongono, spesso inconsapevolmente, le persone a questa pericolosa fibra. “La media annuale dei casi di mesotelioma pleurico è in lieve flessione – sottolineano deputate e deputati del Movimento 5 Stelle delle Commissioni Ambiente e Affari sociali della Camera – ma ancora molto alta, con Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna che fanno registrare più della metà dei casi diagnosticati”. “Questa evidenza − ha spiegato Alessandro Marinaccio, responsabile del Renam, a La Nuova Ecologia − è correlata al grande uso di amianto in molti e spesso inattesi ambiti industriali, che si è avuto in Italia fino al bando del 1992, con oltre 3,5 milioni di tonnellate di amianto grezzo, fra produzione nazionale e importazioni”. Il settore più coinvolto in questa strage silenziosa è l’edilizia (16% circa del totale), seguono metalmeccanica (quasi 9%) e cantieri navali (poco più del 7%). Ma sono interessati anche settori non tradizionalmente considerati a rischio: dagli impianti di raffinazione e i petrolchimici agli zuccherifici. E ci sono casi di esposizione ad amianto tra i lavoratori dello spettacolo, in agricoltura (a causa di manufatti in cemento-amianto), fra i meccanici di automobili (per le parti in amianto negli impianti frenanti di vecchia generazione).

Le richieste

“La situazione è sempre più drammatica e conferma la necessità di cambiare rotta, con provvedimenti incisivi e non più prorogabili, nella direzione della messa in sicurezza e bonifica degli edifici e dei territori contaminati e della promozione di campagne di informazione e sensibilizzazione ad hoc rivolte ai cittadini”, commenta Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente. Che lamenta come “nonostante la sua forza distruttiva, l’argomento amianto non sembra essere una priorità per il Governo, che nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) trova accenno solo in riferimento agli investimenti nel parco agrisolare”. Secondo il Coordinamento Nazionale Amianto (CNA) è necessario trovare rapidamente le forme piu’ opportune ed efficaci per lo smaltimento dell’amianto e la bonifica delle aree interessate: “non e’ pensabile che si debbano attendere 70 anni per liberarsene, tanti quanti ce ne vorrebbero ai ritmi attuali, secondo quanto emerso dai calcoli ufficiali” ha commentato Fulvio Aurora del CNA. “Il numero degli infortuni e dei morti – ha aggiunto la deputata PD Romina Mura – l’età delle vittime, l’aumento delle malattie professionali tra cui continua a colpire l’amianto, sono tutti allarmi che diventano sempre più forti. E dunque più forte deve diventare l’impegno collettivo”.

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Redazione

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