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Inquinamento da plastica: ripartono i lavori per un Trattato globale

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Al via ad Ottawa, in Canada, i negoziati per il Trattato globale sulla plastica. Uno strumento giuridico per combattere l’inquinamento a livello mondiale. Ma i Paesi produttori di petrolio puntano a depotenziarlo.

Il 2024 dovrebbe vedere l’approvazione del Trattato globale sulla plastica. L’iniziativa nasce dalla  risoluzione 5/14 (approvata nel marzo 2022) dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEA), con cui si auspica lo sviluppo di uno strumento globale e giuridicamente vincolante contro l’inquinamento da plastica, che tenga conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti, compresa la progettazione, la produzione e lo smaltimento. Domani ad Ottawa riprendono i lavori del Comitato intergovernativo di negoziazione, istituito dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) con l’obiettivo di arrivare al Trattato; ma lo scenario su cui si lavora è incerto, con Paesi schierati su fronti contrapposti e un testo negoziale di partenza aperto anche ad opzioni poco cogenti ed efficaci.

Trattato globale sulla plastica: perché è necessario

Il Trattato nasce dall’evidenza che “il rapido aumento dei livelli di inquinamento da plastica rappresenta un grave problema ambientale globale che incide negativamente sulle dimensioni ambientale, sociale, economica e sanitaria dello sviluppo sostenibile” spiega l’UNEP. Oggi produciamo, a livello mondiale, circa 400 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica all’anno e solo il 10% viene riciclato. “Non riusciremo a uscire dalla crisi dell’inquinamento da plastica con il riciclo: abbiamo bisogno di una trasformazione sistemica per realizzare la transizione verso un’economia circolare”, sottolinea Inger Andersen, direttrice esecutiva UNEP.

In assenza di interventi, stima UNEP, la quantità di rifiuti di plastica che entra nei fiumi e nei mari potrebbe triplicare, passando dalle 9 – 14 milioni di tonnellate all’anno del 2016 a 23 – 37 milioni di tonnellate al 2040. Sul pianeta vengono acquistate un milione di bottiglie di plastica al minuto, mentre ogni anno si utilizzano fino a 5.000 miliardi di sacchetti di plastica. La metà di tutta la plastica prodotta è monouso: viene usata una sola volta e poi gettata via. “Nonostante la plastica abbia molti usi preziosi, siamo diventati dipendenti dai prodotti di plastica monouso, con gravi conseguenze ambientali, sociali, economiche e sanitarie” sottolinea UNEP. Poco più di un terzo di tutta la plastica prodotta viene usata per farne imballaggi, compresi i prodotti di plastica monouso per i contenitori di alimenti e bevande. E più del 90% della plastica deriva dai combustibili fossili, contribuendo così non solo all’inquinamento di suoli e acque ma anche alla crisi climatica.

Sulla lotta all’inquinamento da plastica ci sono due fronti contrapposti

Fin dai primi incontri del Comitato intergovernativo di negoziazione per il Trattato globale sulla plastica è emersa una frattura fra due fronti contrapposti, come si evince dal Revised draft text su cui partiranno le trattative, che accorpa le posizioni emerse durante il precedente round negoziale, quello di Nairobi di fine 2023. Da una parte la Coalizione della grande ambizione, composta da oltre 60 Paesi (l’Italia non c’è) presieduti da Norvegia e Ruanda, che mira ad ottenere regole stringenti e globali, in primis un tetto alla produzione globale. Sul fronte opposto si muove la Coalizione Globale per la Sostenibilità della Plastica, che tiene insieme Paesi (tra cui Arabia Saudita, Russia, Iran, Cuba, Cina e Bahrein) il cui PIL fa ampio affidamento sulle fonti fossili da cui nasce la plastica: contraria a limitare la produzione, vorrebbe un trattato che si limiti a governare la gestione dei rifiuti e il riciclo, lasciando ai singoli Paesi di fissare i propri obiettivi. Questo fronte è portatore delle “opzioni più deboli”, come le chiama il WWF, quelle che porterebbero allo scenario peggiore, a un Trattato senza misure vincolanti e con sole azioni volontarie. Opzioni che tuttavia, afferma l’associazione “non sono rappresentative della posizione della maggior parte degli Stati”. Staremo a vedere.

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