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A Fusina il recupero delle materie inizia dai Raee

recupero materie dai Raee
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Nel Comune di Venezia la multiutility Veritas e la start-up 9Tech portano avanti un progetto per il recupero di metalli e terre rare a partire dai rifiuti elettrici ed elettronici. Con una tecnologia innovativa e una capacità di trattamento di 3.000 tonnellate di Raee all’anno.

Sempre più ricercate per la loro applicazione nella tecnologia avanzata e nel settore delle energie rinnovabili, le terre rare sono un gruppo di 17 elementi della tavola periodica (tra cui il lantanio, il cerio, lo scandio) la cui estrazione ha un alto impatto ambientale. È la Cina a controllare il 71% di questo mercato, seguita da Russia e Brasile; la domanda è in crescita esponenziale e questo spingerà verso innalzamenti esponenziali dei prezzi. Proprio per questo il recupero di metalli preziosi e terre rare dai rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) è uno dei progetti faro finanziati dal PNRR.

Il progetto di recupero delle materie prime da rifiuti elettrici ed elettronici di Veritas

Nell’area del Comune di Venezia, la multiutility veneta a capitale pubblico Veritas, in stretta sinergia con la start-up 9Tech, porta avanti all’interno del Green propulsion laboratory (GpLab) di Fusina un progetto per il recupero di silicio, vetro di elevata qualità e metalli strategici come argento e rame dai pannelli solari dismessi, con una capacità di trattamento di 3.000 tonnellate di Raee all’anno. Le prospettive sono interessanti, considerando che nella sola regione Veneto è prevista quest’anno la fine vita di oltre 4.000 tonnellate di pannelli fotovoltaici, una quantità sicuramente in crescita grazie al miglioramento dei sistemi di raccolta e ai consumi attesi di nuova tecnologia. Da 100 kg di pannelli, se smaltiti e trattati correttamente, è possibile recuperare circa 69 kg di vetro, oltre 12 kg di alluminio, 3 kg di celle fotovoltaiche, 0,8 kg di rame e più di 2 kg di scatole di giunzione con cavi. “Il processo termochimico per il riciclo dei pannelli fotovoltaici a fine vita consente di separare e recuperare tutti i materiali inorganici, con resa e purezza superiori rispetto ai trattamenti meccanici – spiega Graziano Tassinato, responsabile di GpLab – un vantaggio non trascurabile, perché permette di realizzare prodotti ad alto valore aggiunto, con maggiori prospettive di mercato”.

Gli altri progetti di recupero delle materie prime sviluppati a Fusina

Il processo termochimico per il riciclo dei pannelli fotovoltaici è stato studiato per anni dall’Università di Padova su scala di laboratorio e ulteriormente sviluppato nell’ambito del progetto di ricerca ReSiELP supportato dall’Istituto europeo di innovazione e tecnologia. Nella scala di Technology Readiness Level (TRL) utilizzata per valutare il grado di maturità di una nuova tecnologia, con valori da 1 a 9 – dove 1 è il più basso (definizione dei principi base) e 9 il più alto (sistema già utilizzato in ambiente operativo) – il recupero delle materie prime dai manufatti elettrici ed elettronici attraverso processo termochimico è stato valutato TRL 7. Ma all’interno del Green propulsion laboratory di Fusina, dove si lavora per accorciare la distanza tra le attività di ricerca e sviluppo e la loro applicazione industriale, il tema del recupero delle materie viene sviluppato anche attraverso altri progetti: dall’estrazione di cobalto e litio dalle batterie, a quello delle terre rare dagli schermi degli smartphone, di neodimio dai magneti permanenti e di erbio dalle schede elettroniche.

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