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Sogin, il punto sul decommissioning

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A fine anno le attività di decommissioning di Sogin arriveranno al 45%, con un costo di 120 milioni di euro sul 2021. L’impianto di Bosco Marengo è il primo dove sono state completate le attività di smantellamento.

Il primo marzo Sogin, la società pubblica che per conto del Governo italiano segue la difficile gestione dell’eredità radioattiva del nostro Paese, ha pubblicato i risultati al 2021 delle attività di decommissioning. Ovvero lo smantellamento in sicurezza del fine vita delle centrali nucleari spente dopo il referendum dell’87, comprendendo l’allontanamento del combustibile e la caratterizzazione radiologica degli impianti, la decontaminazione delle strutture, la demolizione degli edifici e, infine, la caratterizzazione radiologica del sito, fino alla corretta gestione dei rifiuti radioattivi, probabilmente il tema più spinoso, soprattutto per l’opinione pubblica.

I risultati delle attività al 2021

Secondo la nota ufficiale, il 2021 si è chiuso con una previsione di avanzamento delle attività di decommissioning degli impianti nucleari, “grazie a un lavoro di efficientamento dei processi e delle azioni di risanamento intraprese, pari al 7,2%, ben oltre l’obiettivo fissato inizialmente al 6,6%. Si tratta di un valore che, unito all’obiettivo di oltre il 10% per il 2022, porterà il cumulato del biennio ad oltre il 17%. Alla fine di quest’anno l’avanzamento fisico globale raggiungerà oltre il 45%, con un’accelerazione frutto di un profondo lavoro di efficientamento delle procedure e degli interventi”. È ancora in corso lo smantellamento del nocciolo del reattore della centrale nucleare del Garigliano, mentre il 31 dicembre è stata completata la fase 1 del Piano globale di disattivazione dell’impianto FN di Bosco Marengo, il primo impianto nucleare italiano dove è stato ultimato il decommissioning. Nell’Impianto plutonio (IPU) del sito di Casaccia, Sogin ha portato invece a termine alla fine del 2021 lo smantellamento delle 56 scatole a guanti (SaG) che durante l’esercizio erano impiegate per attività di ricerca sulla produzione di elementi di combustibile nucleare a base di plutonio.
L’obiettivo finale, ricordiamolo, è che le aree sottoposte a trattamento raggiungano lo stato di green field (prato verde), che consentirebbe di restituire il sito alla collettività per il suo riutilizzo. Già a fine dicembre, Sogin aveva annunciato, sempre relativamente al 2021, un costo di avanzamento del decommissioning per circa 120 milioni di euro (comprensivi di almeno 85 milioni conteggiati con il precedente sistema regolatorio).

La procedura di infrazione Ue

A inizio 2021 Sogin aveva reso pubblica la Carta ufficiale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) a ospitare il Deposito nazionale di rifiuti nucleari, insieme al Parco tecnologico. Alla Carta Sogin ha lavorato insieme all’Autorità di controllo Isin (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare) e ai ministeri dello Sviluppo economico e della Transizione ecologica, con il massimo riserbo. In ogni caso gli autori della Cnapi hanno smosso una situazione di stallo che durava da troppo tempo. Dato che sulla nostra testa pende, in buona compagnia di Austria e Croazia, una procedura d’infrazione europea per non aver ancora adottato un programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi in linea con la direttiva sul combustibile esaurito e sui rifiuti radioattivi del 2011. Si tratta della Direttiva EURATOM del 19 luglio 2011 che “istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi”. La direttiva andava recepita entro il 2013 e invitava i Paesi membri a pianificare dei programmi nazionali per lo smaltimento e notificarli alla Commissione europea entro il 23 agosto 2015. Il nostro Paese non ha rispettato nessuno dei due obiettivi.

In arrivo la Carta nazionale delle aree idonee

Il 14 gennaio scorso è comunque terminato il dibattito pubblico sul progetto del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e Parco Tecnologico avviato a inizio 2021, dopo la presentazione della Carta, che ha coinvolto istituzioni, associazioni, comitati, imprese, professionisti e cittadini, raccogliendo domande, osservazioni e proposte da 322 soggetti.
Attualmente Sogin, sulla base degli esiti della consultazione pubblica, compreso il Seminario Nazionale svoltosi dal 7 settembre al 15 dicembre scorso, sta predisponendo la proposta finale di Carta nazionale aree idonee (Cnai), che sarà poi trasmessa al Ministero della Transizione ecologica entro il 15 marzo prossimo. Dopo alcuni passaggi autorizzativi, che vedranno protagonista anche l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, il MiTE di concerto con il Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, approverà la Carta, che sarà a quel punto pubblicata. Solo allora Regioni ed Enti locali potranno esprimere le proprie manifestazioni d’interesse, non vincolanti, e proseguire il percorso partecipato di localizzazione del Deposito.

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