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Le Comunità circolari: un modello innovativo per la gestione delle città

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I cittadini devono essere protagonisti attivi nel processo di transizione ecologica. E il loro coinvolgimento nei processi di rigenerazione urbana e nella costruzione di stili di vita circolari e sostenibili è fondamentale. Nelle città le sperimentazioni sociali sono già in corso.

Le città sono al centro della sfida per la transizione verso un modello economico più sostenibile e circolare. Al 2050 ospiteranno il 70% della popolazione mondiale e, ad oggi, sono responsabili del 75% del consumo di risorse, il 50% di produzione dei rifiuti e circa il 70% delle emissioni climalteranti. Le città del futuro devono essere ripensate basandosi su una radicale, sistemica e profonda rigenerazione, che si configuri come un progetto urbanistico, sociale ed economico al tempo stesso, e coinvolga una pluralità di attori: i governi centrali e locali, le imprese, il mondo della formazione e della ricerca, le associazioni e i cittadini.

La rigenerazione urbana può contribuire in maniera significativa al contrasto ai cambiamenti climatici, creando ambienti più vivibili e inclusivi e prevedendo iniziative per l’uso e la gestione efficiente delle risorse, a partire dall’efficientamento energetico, la razionalizzazione della gestione, raccolta e valorizzazione dei rifiuti e l’efficientamento dell’uso della risorsa idrica.

Nella pianificazione territoriale è di fondamentale importanza la valorizzazione del capitale naturale e l’uso prioritario e non alternativo di infrastrutture verdi e soluzioni basate sulla natura; mentre la valorizzazione e riqualificazione del patrimonio storico, artistico e culturale permette di mantenere la connessione con la tipicità e la ricchezza culturale del territorio.

In ultimo, ma non per importanza, per contrastare il consumo del suolo, sono fondamentali azioni per la manutenzione, il recupero, la riqualificazione e il riuso del patrimonio edilizio esistente; delle aree periferiche; dei tessuti urbani non pianificati; delle aree deindustrializzate; delle zone militari non più utilizzate; delle aree ferroviarie e portuali non più attive; delle aree agricole periurbane non più coltivate.

Comunità circolari, sostenibili e resilienti

In una nuova accezione olistica, il processo di rigenerazione urbana non deve essere limitato alla riqualificazione fisica delle aree e degli immobili, ma deve includere anche il sistema gestionale ed organizzativo, con particolare riferimento all’uso efficiente delle risorse e agli aspetti socio-economici e relazionali.

La sfida più importante di tale processo è combinare la competitività e l’inclusione sociale, con il benessere e la qualità ambientale, con l’obiettivo di promuovere attività economiche ed imprenditoriali basate sui principi della sostenibilità e dell’economia circolare, anche e soprattutto in quelle aree periferiche assoggettate al degrado urbano. Un processo dunque, focalizzato non esclusivamente sulla dimensione fisica delle risorse, ma anche sui comportamenti umani che favoriscono approcci e modalità circolari.

I cittadini devono essere protagonisti attivi nel processo di transizione. Perciò è necessario garantire la nascita e la crescita di processi di progettazione partecipata e l’implementazione di nuovimodelli di co-gestione del territorio, che li vedano coinvolti nella raccolta di informazioni e nell’individuazione delle priorità.

La partecipazione di tutti i soggetti potenzialmente interessati al processo di rigenerazione territoriale stimola lo sviluppo di modelli di comunità più sostenibili, resilienti e circolari.

Nelle grandi città esistono diversi esempi di iniziative di rigenerazione e innovazione a bassa intensità tecnologica, realizzati a valle di processi partecipativi, secondo un approccio integrato e collaborativo, attraverso il coinvolgimento degli attori socio-economici del territorio. E’ così che si promuove la nascita di comunità circolari, locali o di quartiere. E tali buone pratiche sono replicabili in contesti diversi, attraverso iniziative che tengano conto delle specificità del territorio in cui si opera.

Il ruolo centrale dei consumatori

La Strategia Nazionale per l’Economia Circolare dedica un capitolo specifico al ruolo dei consumatori, evidenziando come lo sviluppo dell’economia circolare riguardi non solo il miglioramento dell’efficienza nelle produzioni, ma anche il cambiamento dei comportamenti di consumo. Lo stile di vita adottato da ciascuno di noi ha infatti un grosso impatto sul consumo delle risorse e sulla produzione di emissioni di CO2.

Un caso esemplare riguarda il consumo di cibo: ciascun alimento che decidiamo di acquistare ha una propria impronta ambientale, che deriva dagli impatti e i consumi associati alla sua produzione, trattamento e distribuzione. Come, ad esempio, la quantità di acqua necessaria per produrlo, a partire dalla coltivazione o dall’allevamento: un chilo di pomodoro richiede 210 litri di acqua per essere prodotto, un chilo di riso 2.500 litri e un chilo di carne rossa oltre 15.000 litri.

Essere consapevoli dell’impatto ambientale può aiutare i consumatori ad orientare le proprie scelte verso prodotti più sostenibili e a minor consumo di risorse.

A fronte di questa rilevante impronta ecologica del cibo, esiste inoltre il preoccupante fenomeno dello spreco alimentare. Si stima che circa un terzo della produzione globale di cibo venga sprecata, generando ulteriore impatto in termini di emissioni e inquinamento associato alla gestione e il trattamento dei rifiuti generati.

Altro spreco quotidiano è quello dell’acqua potabile. In Italia, il consumo medio di acqua potabile è di 45 litri a persona al giorno: il 10% ad uso alimentare e il 30% per igiene personale. È da sottolineare che circa il 50% viene utilizzata per scopi che non necessiterebbero di acqua potabile di elevata qualità, tra cui lo scarico del WC (il 30%).

Uno spreco che va ad aggravare una situazione già critica, che vede l’Italia uno dei Paesi a più alto rischio di stress idrico in Europa, a causa degli eventi climatici estremi sempre più frequenti (siccità, inondazioni, etc.), della contaminazione delle risorse acquifere e dell’obsolescenza delle infrastrutture (oltre il 44% di perdita della risorsa idrica è dovuto a perdite nella rete idrica).

Urban Living Lab: un modello innovativo di coinvolgimento dei cittadini

La chiusura dei cicli di uso e la gestione efficiente delle risorse prevede un forte coinvolgimento degli utilizzatori. Per questo motivo è fondamentale realizzare iniziative e strumenti per la loro formazione, con l’obiettivo di promuovere la consapevolezza e la modifica degli stili di vita e di consumo.

Tra gli strumenti innovativi in questo senso più interessanti, i cosiddetti Urban Living Lab, laboratori di innovazione sociale all’interno dei qualiè possibile ascoltare degli esperti e contemporaneamente usufruire di spazi collaborativi di proposta e progettazione.

Un esempio di tali iniziative è stato realizzato nell’ambito del progetto RECIPROCO, coordinato da ENEA e finanziato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che ha avuto proprio l’obiettivo di rendere i cittadini protagonisti della transizione.

Il progetto RECIPROCO ha supportato la diffusione dell’economia circolare nelle aree urbane (tre piloti realizzati a Taranto, Bologna e Anguillara Sabazia in provincia di Roma), contribuendo alla formazione dei cittadini sui temi della transizione tramite nuove forme di comunicazione con gli esperti e alla diffusione di buone pratiche di economia circolare sul territorio. 

Nell’ambito del progetto è stata sviluppata una proposta di etichetta ambientale volontaria per prodotti non alimentari e non energetici, basata su un set di indicatori di circolarità e di uso della risorsa idrica. L’analisi degli indicatori è stata effettuata secondo un approccio di ciclo di vita, quindi considerando i materiali di cui è costituito il prodotto (come la percentuale di riciclato e di sottoprodotto), la fase d’uso (ad es. durata del prodotto, riparabilità, etc.) e il fine vita (ad es. percentuale di materiale destinato al riciclo).

Le etichette, sviluppate per il settore edile, tessile e delle plastiche in collaborazione con i soggetti produttori, sono facilmente interpretabili pur mantenendo una solida base scientifica. E offrono ai produttori la possibilità di distinguere il loro prodotto sul mercato e al tempo stesso identificare alcuni interventi di miglioramento ambientale.

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